“Eroi con il camice”: così sono stati definiti tutti quei medici che, durante il periodo della famigerata pandemia “Covid 19”, hanno lottato (anche per 36 ore consecutive) per aiutare gli ammalati a sopravvivere al mostro della malattia. E in un’Italia in cui i millenials preferiscono “rifugiarsi” all’estero per non dover sottostare a basse retribuzioni e a scarse certezze sulla loro futura qualità di vita, il ricordo di quel grande gesto d’amore per la Nazione (mettere a disposizione la propria professione incondizionatamente) ancora commuove la popolazione. Eppure, come tutti i ricordi, anche quelli positivi, come in questo caso, finiscono nel dimenticatoio ed è solo in quel momento che arriva la sorpresa. L’episodio del Policlinico di Bari, infatti, sembra proprio essere un errore paradossale, ma la lettera dell’”Ispettorato del Lavoro Cittadino” è chiara: troppi straordinari e, di conseguenza, mancate ore di riposo previste.

Il più colpito proprio il primario del pronto soccorso, Vito Procacci, che si è visto recapitare 27000 euro di multa; stesso trattamento hanno ricevuto due collaboratori, la cui “pena” di aver lavorato eccessivamente dovrebbe essere ripagata con una sanzione di 10000 euro totali. Già il 21 Ottobre, Procacci si è adoperato prontamente a far recapitare una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sostenendo di provare «tutta l’amarezza, la delusione e lo sgomento per il trattamento ricevuto da uno Stato che amo, ma nel quale oggi faccio fatica a riconoscermi». Questa vicenda emblematica, nonostante sia stata già presa in considerazione dalla Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Calderone, che ha disposto di sospendere le multe per ulteriori accertamenti da parte dell’Ispettorato, mostra come il manifestarsi nella società post-pandemia di un fenomeno altrettanto inquietante non sia poi così privo di fondamento. Si tratta del problema del “quiet quitting”: secondo un’indagine dell’ultimo anno condotta da Unicusano, in Italia oltre 2 milioni di persone sono soggette a questa situazione lavorativa.

Anche definito come “coasting”, il “quiet quitting” si trova in contrapposizione alla tanto osannata in America “hustle culture”, che spinge gli individui a dedicare la propria vita al lavoro. In questo caso, invece, si vuole indicare un fenomeno per il quale i dipendenti prediligono svolgere le ore necessarie, previste quindi da contratto, senza occupare il proprio tempo in straordinari e progetti extra o prendersi in carico responsabilità che non sono di loro competenza. Ciò che davvero colpisce, però, è la principale motivazione per cui si tende ad aderire a questo sistema lavorativo così “apatico”, come lo potrebbe definire il “Senior Director of Workforce Transformation di Lyra Health”, Joe Grasso: la causa di questo problema consiste nella mancata soddisfazione che gli occupati provano nello svolgere la propria attività. Non sentono valorizzate le loro capacità, non si sentono coinvolti emotivamente, ma soprattutto non si sentono apprezzati dai loro superiori.

E qui si può proporre il collegamento con ciò che è avvenuto ai dipendenti del Policlinico di Bari. Se la storia d’amore per la loro attività lavorativa si era preannunciata come una vera e propria commedia romantica, sulla quale avevano puntato il massimo delle energie e dalla quale avevano ottenuto la più totale stima popolare, al termine di tutto è rimasto quell’”amaro in gola” nell’aver capito come il loro impegno sia stato addirittura sanzionato. Se prima venivano appellati come coloro che “hanno fatto respirare la Gente della Puglia”, come testimonia lo stesso direttore di reparto, ora si ritrovano coinvolti in un affare giudiziario per la loro eccessiva “voglia di dare”. 

A questo punto, la vera questione è: ci stiamo avvicinando sempre di più a una società nella quale la passione e la dedizione oltre la media per il lavoro verranno osteggiate, come prevede il fenomeno del “quiet quitting”?

Per ora, dobbiamo solamente augurarci che il motto “#restoacasa” diffusosi ai tempi della pandemia non diventi un simbolo di ribellione per tutti coloro che non si sentono apprezzati.

Vittoria Schina