Per effettuare un’analisi sulle prime ripercussioni economiche tanto attuali quanto più coerenti possibili, ritengo necessario ripercorrere alcuni passi fondamentali di questi due paesi. Il 14 maggio 1948,David Ben Gurion(ex primo ministro) proclamò la nascita dello Stato di Israele. Israele è uno stato riconosciuto a livello internazionale, che mantiene legami con 159 paesi, sovrano, con un sistema politico indipendente e con confini ufficiali. Quest’ultimi sono stati oggetto di dispute e tra i tanti comprendono Gerusalemme, zona al centro del conflitto. Israele è popolata da circa 9,8 milioni di persone con età media di 30,4 anni e popolata maggiormente da ebrei, minoranze arabe e altre minoranze etnico/religiose. Con gli accordi di Oslo (1993-1995) nasce l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), l’organismo governativo con sede in Cisgiordania e che fino al 2007 governava anche la striscia di Gaza. Al 31 luglio 2019, 138 (71,5%) dei 193 stati membri delle Nazioni Unite hanno riconosciuto lo Stato della Palestina .La Palestina è un termine che si riferisce alla regione storica situata nella parte orientale del Mediterraneo, che comprende Israele e i territori palestinesi occupati. Gli abitanti della Palestina sono circa 5,5 milioni ,con un’età media di 20,8 anni, e rientrano arabi palestinesi, ebrei, cristiani, drusi e altre comunità.

I territori palestinesi comprendono la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, che sono stati sotto occupazione israeliana dal 1967. La Cisgiordania è suddivisa in zone controllate da Israele e dall’Autorità Palestinese. l’Autorità Palestinese esercita una certa autonomia in alcune aree della Cisgiordania; la Striscia di Gaza, invece, è governata da Hamas. Il riconoscimento internazionale dello stato palestinese è stato per di più oggetto di dispute e negoziati. Dalla fisionomia geografica di questi due territori si possono  già evincere alcuni dati che possono indicare il paese che detiene in modo maggiore la potenza economica più alta tra i due. Riportando in dollari $ alcuni dati forniti dalla “The World Bank”: il PIL 2022 di Palestina e Israele sono rispettivamente registrati con $19 miliardi e $522 mld. Il PIl pro capite in Palestina è di $3.800 con un tasso di disoccupazione del 24%. Mentre in Israele il PIL pro-capite si aggira intorno ai $53.000 con un tasso di disoccupazione del 3,5%. Ma andando a suddividere il territorio palestinese tra Striscia di Gaza e Cisgiordania i dati forniti da “The World Bank” variano di molto: In Striscia di Gaza l’età media cala a circa 18 anni, con un PIL pro-capite di $1.257 circa e un tasso di disoccupazione del 46,4%. Nella zona della Cisgiordania l’età media si stabilisce intorno ai 21,9 anni, con un PIL pro-capite di $4.458 e con un tasso di disoccupazione del 13% circa. Da ciò si può dedurre facilmente che Israele pone in condizioni economiche nettamente migliori di quelle palestinesi. 7.000 le startup israeliane che contribuiscono al 20% del PIL, 94 le startup che valgono circa più di un miliardo fondate in Israele(chiamate anche Unicorni”). In entrambi i territori si sta convertendo all’economia di guerra ,in Israele per esempio è in aumento la percentuale del 4,5% che registra la spesa militare in rapporto al PIL:$23,4 miliardi. Sul quotidiano “il Sole 24 ore” vengono riportate le parole di Nir Barat ,ministro dell’economia e dell’industria d’Israele, che ostenta ottimismo affermando “Nessuna recessione.

Certo, un rallentamento dell’economia è inevitabile. Ma quando sarà rimossa la minaccia di Hamas, ne usciremo più forti di prima” e ancora “ Il settore dell’alta economia non sta soffrendo gravi problemi. Anzi, una volta terminata la guerra la mia risposta è in sostanza una sola: export, export, export. Dalla nostra abbiamo un vantaggio competitivo, soprattutto nel settore della tecnologia e in quello dell’innovazione”. Le parole del ministro israeliano sembrano tranquillizzare persino la preoccupazione dei paesi che da anni chiudono affari con Israele. Ma le forze di Hamas, il movimento militare islamico che attualmente controlla la Palestina, hanno sferrato un feroce attacco ad Israele che ha colpito anche tantissimi civili. Nelle ore successive è arrivata poi la risposta del leader israeliano Benjamin Netanyahu che ha dichiarato vendetta. L’impatto sui mercati del petrolio greggio , sull’oro e sul dollaro sono aumentati significativamente per poi diminuire fino a stabilizzarsi. Il gas naturale è l’unica commodity il cui prezzo sta, per ora, crescendo in modo anomalo e nei giorni successivi all’attacco di Hamas a Israele, ha subito un incremento del 5%. Questo probabilmente perché una grande percentuale del gas utilizzato nel mondo proviene dal Medio Oriente o dal Nord Africa, in particolare da Iran, Arabia Saudita, Qatar e Algeria. Questo aumento improvviso del gas suscita sospetti su un probabile zampino della Russia che ha visto sottrarsi ingenti entrate dalla distribuzione di gas dal monopolista russo Gazprom in tutti i paesi europei. Difatti il governo in carica Fratelli d’Italia mise in atto quanto prima possibile il piano Mattei per staccarci dal fornimento di gas russo e affacciarci sul Nord Africa in Algeria, rilevando in tal modo l’utilissima posizione geografica che l’Italia può svolgere come da “tramite” per la distribuzione di gas agli altri paesi Europei con la costruzione di nuovi gasdotti. Oltre a gas e petrolio, a subire le conseguenze economiche della guerra in Israele sono state le compagnie aeree. I titoli di Delta, United e American Airlines, International Airlines Group (proprietaria di British Airways) e Lufthansa, sono stati vittima di un movimento ribassista.

Per ora, l’oscillazione del valore di materie prime e obbligazioni non è catastrofica e il cambio tra il dollaro e lo shekel, la moneta israeliana, è passato da 3,85 a più di 4$, registrando un aumento del 4%. Inoltre, la Banca d’Israele ha annunciato di avere 30 miliardi di dollari pronti per proteggere la sua valuta. Inoltre potrebbe decidere di aumentare i tassi di interesse se si trovasse costretta a fronteggiare un forte incremento dell’inflazione. E gli altri paesi come si stanno muovendo ? Joe Biden, tra un inciampo e l’altro, stanzia 100 miliardi di aiuti militari(non solo a Israele ma anche all’Ucraina)al congresso da poco effettuatosi. Questi aiuti saranno indirizzati per lo più sulle zone più colpite dalla guerra, Gaza e Cisgiordania. Biden sembra aver promesso anche farmaci e beni alimentari che sosterranno maggiormente gli abitanti che popolano queste zone critiche. Con la guerra palestinese-israeliana, l’ Italia ha risentito un forte aumento dello spread fino ai 208 punti base. Una forte situazione d’incertezza della stabilità dei mercati finanziari viene annunciata da Milano Finanza per il timore del blocco totale degli investimenti. Sempre Milano Finanza afferma che non si stanno avendo gravi conseguenze  e che non ci sono comunque stati dei rialzi sui tassi d’interesse da parte delle BC europee e politiche intraprese dalla BCE. Sergio Nicoletti Altimari, capo del Dipartimento di Economia e Statistica della Banca d’Italia, afferma “ i rischi sull’attività economica sono elevati e orientati al ribasso con le tensioni geopolitiche. Al momento non vediamo segnali di credit crunch, ma un calo forte della domanda”.

Andrea Nonni