In occasione del convegno organizzato da Azione Universitaria lo scorso 27 ottobre, dal titolo “L’uso strumentale del linguaggio politico”, abbiamo posto una domanda sul conflitto israelo-palestinese ai due relatori, Piero Sansonetti, direttore del quotidiano L’Unità, e Daniele Capezzone, direttore editoriale di Libero.

Direttore Sansonetti, dato il recente riaccendersi dello scontro in Medio Oriente, dopo i fatti del 7 ottobre, secondo lei è ancora possibile una soluzione di questo conflitto ormai ottantennale, tenendo anche conto delle parole dell’ambasciatore israeliano al Salone della giustizia che ha dichiarato di non credere alla soluzione dei due Stati?

Quella che sta avvenendo è una tragedia umanitaria mai vista, una gara tra terrorismo e anti-terrorismo a chi è più spietato. Le cifre parlano da sole e sono quelle, migliaia di israeliani e palestinesi morti, in particolare i bambini sono le vittime del conflitto. Io sono pacifista, il problema di questo conflitto, però è che irreversibile, ci sono in ballo i diritti di due popoli che non possono coesistere. Da un lato il sionismo, che è l’affermazione del diritto di esistere di Israele, dall’altro il diritto, che non si può mettere in discussione, dei palestinesi di aver un proprio Stato e di potersi sviluppare. Quella che si stava svolgendo è una azione militare volta alla totale distruzione di Gaza, l’unico bagliore nell’orrore è stato il tentativo americano, mentre se l’Europa non si muove non cambierà nulla. Voglio citare un’intervista uscita oggi su L’Unità (27 ottobre ndr.) a Raniero La Valle, storico direttore de L’Avvenire, il quale sostiene che Netanyahu sta trascinando non solo Israele, ma l’ebraismo tutto alla distruzione, cosa che sarebbe gravissima, essendo l’ebraismo la culla della nostra civiltà. Questo è un pensiero che mi sento di condividere nel merito della questione.

Direttore Capezzone, dato il recente riaccendersi dello scontro in Medio Oriente, dopo i fatti del 7 ottobre, secondo lei è ancora possibile una soluzione di questo conflitto ormai ottantennale, tenendo anche conto delle parole dell’ambasciatore israeliano al Salone della giustizia che ha dichiarato di non credere alla soluzione dei due Stati?

La mia opinione è diversa da quella di Piero ed è impopolare. È ovvio che ci sia una antica vertenza legata alla Terrasanta e i palestinesi. Ci sono due visioni possibili: una palestinese che vede la Palestina come realtà vessata, l’altra, israeliana, secondo la quale sono state le leadership palestinesi e arabe a far saltare la possibilità dei due Stati.

In merito ai recenti attacchi il tema non è territoriale, i terroristi di Hamas non pongono la questione dello Stato palestinese, non dicono date un pezzo di terra in più, vogliono eliminare permanentemente le persone di religione ebraica, aizzati dal regime di Teheran. La politica non può, quindi, creare un tavolo se la questione è l’eliminazione degli ebrei. 

È una azione terrorista che nulla ha a che vedere con le rivendicazioni territoriali se entri in Israele e uccidi 1400 persone, oppure se inneggi al jihad globale, mandando questo messaggio a tutto il mondo? Oppure quando in dibattiti televisivi ci sono persone le quali sostengono che si manifesti per la Palestina e non per Hamas, ma poi nei cortei ci sono quasi esclusivamente bandiere di Hamas? L’Occidente cosa vuole fare di fronte al terrorismo islamista? Churchill, durante i bombardamenti di Londra, caparbiamente ha rifiutato di scendere a patti con Hitler e ha avuto ragione, nonostante la grande opposizione interna, un uomo solo ha avuto ragione su tanti. Non vedo in questo momento della storia un minimo di schiena dritta a guardare il pericolo. Tutto è iniziato dopo la rovinosa ritirata dall’Afghanistan nel 2021, quando il guardiano del mondo è debole i cattivi del mondo alzano la testa, vedasi la Russia in Ucraina, Hamas in Israele e la Cina verso Taiwan.

Arturo Maiorca