C’è un obiettivo che va messo in primo piano in ogni azione dell’uomo. Nello svolgimento quotidiano di ogni singola nostra azione l’eco-sostenibilità gioca un ruolo chiave per garantire un futuro alle generazioni che verranno. Anche l’impegno del singolo di ciccare la sigaretta negli appositi posaceneri e buttare i mozziconi nei cestini della spazzatura è un piccolissimo passo volto a preservare l’ambiente che ci appartiene e che i nostri successori dovranno conservare. Comportamenti eco-sostenibili simili possono essere: 1)fare attenzione ai consumi( spegnere le luci quando si esce da una stanza o controllare le perdite d’acqua dai rubinetti), 2) adottare fonti energetiche rinnovabili( installare impianti fotovoltaici e pannelli solari termici),3) Mobilità sostenibile (quando è possibile muoversi a piedi o in bicicletta), 4) Effettuare la raccolta differenziata in maniera corretta. Ma sappiamo benissimo che non bastano queste enormi accortezze per salvaguardare l’ambiente; per questo motivo le aziende e le banche nostrane si devono impegnare affinché nelle loro attività introducano sempre più processi volti a implementare uno sguardo all’eco-sostenibilità. Le notevoli preoccupazioni del riscaldamento globale, dello scioglimento dei ghiacciai e dell’ecosistema hanno smosso da decenni le aziende, da quelle di grandi dimensioni fino ad arrivare a quelle di vendita al dettaglio, ad adottare i tre fattori: ESG, precisamente Environmental (ambiente), Social (società) e Governance.
Per il primo fattore s’intende l’impegno dell’organizzazione imprenditoriale di rispettare i criteri ambientali per poi valutare come un’azienda si comporta nei confronti dell’ambiente nel quale è collocata e anche rispetto a quello generale. Per Social intendiamo i criteri che impattano il sociale e quindi la relazione con il territorio, con le persone, con i dipendenti, con i fornitori e clienti. Per Governance intendiamo temi centrati sulla gestione aziendale ispirata a buone pratiche e principi etici come per esempio le logiche legate alla retribuzione dei dirigenti (specialmente l’equità salariale), la trasparenza delle decisioni aziendali e il rispetto dei diritti degli azionisti. Nell’ultimo decennio si sono triplicate le nascite delle start-up che come perno principale detengono l’eco-sostenibilità e duplicate le innovazioni concentrate sulle tematiche sostenibili. In Italia purtroppo vivono molte società con processi produttivi ad alto inquinamento. Esistono alcune acciaierie italiane che pagano i loro diritti a inquinare a causa dei loro sistemi produttivi che non posso interromperne il processo ,altrimenti si bloccherebbe il ciclo di produzione-finanziamenti e nel giro di pochi mesi l’azienda si vedrà costretta a chiudere .Un’azione svolta dallo stato in questione è quella di assegnare i diritti di proprietà( sotto pagamento). Ricevendo questi permessi, le imprese possono per esempio inquinare un tot C02. Quindi in questo caso l’inquinamento acquisisce una proprietà.
Alcune imprese , che hanno in portafoglio questi permessi, li rivendono a imprese che ne hanno bisogno più di loro per esempio quando si vedono costretti ad aumentare la produzione del loro prodotto e di conseguenza devono prima acquistare il permesso d’inquinamento da altre aziende meno bisognose. Di conseguenza il prezzo si stabilisce tra la domanda e l’offerta di mercato . Per ridurre l’inquinamento, questi permessi aumentano di prezzo perché molti di essi vengono tolti dalla circolazione per evitare di permettere alle aziende di inquinare (quando la domanda rimane la stessa e l’offerta diminuisce, il prezzo del prodotto o servizio aumenterà quasi sempre). Ovviamente, da come avrete intuito, tali diritti di proprietà innescano trade-off e cioè se da un lato quest’ultimi sono volti a ridurre l’inquinamento, dall’altro riducono le produzioni delle nostre aziende italiane rischiando di farle chiudere e con il fine di acquisire tali prodotti da aziende estere rendendoci economicamente dipendenti da quest’ultime. Le aziende che includono nelle loro attività i tre fattori ESG godranno di una prelazione in tema di finanziamenti da parte delle banche. Anche la finanza gioca un ruolo importante. I rischi ambientali sono collegabili alla finanza in quanto impattano su di essa in modo negativo . I rischi ambientali si dividono in: 1) Rischi fisici, legati al cambiamento climatico e alla diminuzione della biodiversità. I rischi fisici possono far ricadere conseguenze negative sul :rischio di mercato ove gravi eventi fisici potrebbero determinare variazioni delle aspettative dei mercati e tradursi in un’ improvvisa valutazione del rischio oppure sul rischio operativo dove l’operatività della banca potrebbe subire interruzioni a causa di danni materiali a immobili, filiali.. 2) Rischi di transizione, legati al cambiamento di policy sul clima, rischi legali, evoluzioni tecnologiche tant’è vero che molte aziende chiudono perché non rispettano le continue regole sull’eco-sostenibilità e le banche soffrono perché non ricevono più denaro da queste. I rischi di transizione possono far ricadere conseguenze negative sul: rischio di credito, gli standard d’efficienza energetica potrebbero determinare notevoli costi di adeguamento, minore redditività e probabile de fault; rischi operativi, l’evoluzione della sensibilità dei consumatori riguardo ai temi climatici può indurre rischi di responsabilità legale per la banca a causa di scandali provocati dal finanziamento di attività controverse dal punto di vista ambientale.
Tuttavia, oggi contiamo numerosi investimenti da parte di pubblici e privati per garantire una green economy. Quest’ultima consiste in uno sviluppo sostenibile sostenuto da tali investimenti per la creazione di infrastrutture e la riduzione di inquinamento attraverso interventi sulla mobilità e non solo. Un'altra soluzione sul piano della sostenibilità è quella dell’economia circolare che consiste nella condivisione, nel riutilizzo e riciclaggio di prodotti volti a garantirne un prolungato consumo e a diminuire i rifiuti. In Italia, tali soluzioni stanno incentivando la nascita di città smart ovvero luoghi dove le reti e i servizi sono resi più efficienti con l’utilizzo di soluzioni digitali a beneficio delle sue imprese e dei suoi abitanti, mirando sempre più a diventare economicamente sostenibili ed energicamente autosufficienti. Vengono classificate città smart quelle in cui vengono installati impianti di approvvigionamento idrico e smaltimento dei rifiuti, dove è possibile praticare una mobilità sostenibile fatta da bike sharing, car sharingh e la circolazione di auto elettriche a guida autonoma. Economyup ha stilato una breve classifica per rendere più chiaro il quadro d’investimenti che sono stati messi in atto dalle varie regioni per renderle più smart: in cima alla classifica troviamo Milano, seguita da vicino da Bologna e Padova, Firenze si piazza sotto al podio mentre Roma sale di livello da dodicesima a decima scalando città smart come Napoli, Genova e Catania. I benefici di cui può giovare l’economia nazionale in una città smart è la crescita di start-up che hanno come unico obiettivo quello di creare un servizio che non procuri danni all’ambiente. Difatti, anche un cittadino poco informato sul tema non può non notare i numerosi monopattini e biciclette elettriche distribuite in quantità notevoli in ogni capoluogo d’Italia.
Luoghi di questo genere favoriscono la nascita d’imprese, la crescita dell’occupazione e la mobilità di capitali. Nonostante l’Italia si stia impegnando nel trovare soluzioni efficaci e al passo con i tempi, per esempio la questione sulle auto-inquinanti, per garantire un futuro più sicuro e “verde” ciò non si penserebbe degli stati a noi vicini o d’oltre mare. Una classifica stilata da “climate.selectra” ci informa che spesso sono i paesi più popolati e industrializzati a peggiorare le condizioni ambientali. La Cina è il paese che inquina di più con 9,9 miliardi di C02 emesse, in gran parte volute dall’esportazione di beni di consumo e alla forte dipendenza dal carbone; subito dopo troviamo gli Stati Uniti con 4,5 miliardi di tonnellate C02 emesse; L’India al terzo posto con 2,3 miliardi . D’altronde non serve sforzarci a guardare così lontano perché la Germania occupa il primo posto in Europa per inquinamento data la sua forte dipendenza dal carbone. Infatti ¼ delle emissioni C02 dell’Unione Europea provengono dalla stessa Germania.
Andrea Nonni