Le elezioni si sono concluse ed è ora di tirare le somme. Il centrosinistra è sicuramente in vantaggio, tuttavia è inopportuno e ingiusto parlare di una disfatta del centrodestra, sia per i toni assolutamente incivili con cui si è svolta la campagna elettorale e per la macchina del fango e della paura creata dai partiti di sinistra e da certa stampa, sia perché le città in cui il PD è risultato vincente già dal PD erano governate. Il reale vincitore, in ogni caso, di questa tornata elettorale è l’astensionismo che, sicuramente, è anche la causa principale della sconfitta dei partiti che possono costruire a livello nazionale una reale alternativa al PD e alle sinistre. Risolvere la questione è di vitale importanza, in quanto una nazione democratica non può consentire che gran parte del popolo, il 60% circa, non eserciti un diritto di primaria importanza qual è quello del voto, il solo in grado di mutare realmente le cose, ed è, in secondo luogo, un’occasione per la coalizione di centrodestra di riorganizzare al meglio il proprio ruolo di rappresentante delle categorie produttive, dell’economia reale e della nazione, dal momento che questo ruolo, ormai, non è più prerogativa dei progressisti, i quali possono dire di aver vinto soltanto per merito di pochi uomini ideologizzati che, grazie ad  un imponente apparato mediatico, sono riusciti a costruirsi la campagna elettorale sulla base delle proprie esigenze, violando da un punto di vista etico e morale, se non da un punto di vista legale, qualsiasi regola di civiltà, di confronto e di dialettica democratica, come abbiamo evidenziato in articoli precedenti. Attribuire soltanto ad una propaganda mediaticamente fangosa e squadristica la scelta di molti di non votare non è comunque corretto. Certamente ha giocato un ruolo di rilievo ma il non voto è qualcosa che ha radici più profonde, cresciuto in modo costante negli ultimi anni.


Una persona intellettualmente onesta non può pensare che i governi degli ultimi dieci anni, mai figli di un risultato elettorale, non siano minimamente responsabili. Frasi come “ce lo chiede l’Europa”,” l’Europa non consentirà”, “non bisogna far vincere la Destra”, etc hanno per forza di cose invogliato tanti a ritenere il proprio voto inutile. Costante tradimento del mandato e frasi inquietanti e ad effetto sono la ricetta perfetta dell’astensionismo che, non per coincidenza, cresce ogni volta che si attui qualcosa che i cittadini avevano dichiaratamente affermati di non volere. Di tale clima usufruisce certa sinistra, ormai consapevole di non avere più alcuna speranza di risolvere i problemi reali della gente. C’è, chi, però, le ha spianato la strada in numerose circostanze, ovvero alcuni settori del centrodestra. In buona fede e immaginando di arginare il potere dei propri avversari ma il risultato ottenuto si è rivelato diametralmente opposto ed è giunto il momento di prenderne atto. Ad eccezione della Destra italiana che ha dimostrato di avere come unica squadra e come unico riferimento la propria naturale coalizione, tutti gli altri hanno contribuito, chi più, chi meno, a dei governi con la sinistra da dieci anni a questa parte. Recidere certi legami può sembrare sconveniente e una condanna all’opposizione eterna ma alla lunga pagherà sempre la coerenza che verrà riconosciuta e si rivelerà la reale chiave del governo della nazione e del mutamento dei sistemi di potere attuali nei comuni e nelle regioni. La crescita esponenziale di Fratelli d’Italia ne è la riprova. Un minimo appunto lo merita, però, anche la Destra, o meglio un avviso su quello che potrebbe accadere. Ad ogni campagna elettorale verrà paventato il rischio dell’onda nera e dell’imminente ritorno del regime fascista, le solite baggianate strumentali, insomma, al che seguiranno i soliti noti che discetteranno su come deve essere la Destra, sulla cosiddetta “moderazione”, sui temi, etc. Assecondare anche solo per un attimo la dialettica degli avversari significherebbe perdere un consistente numero di voti e rivivere un film orrendo. Il cosiddetto elettorato moderato ha perso il proprio valore con la fine della Prima Repubblica e dell’egemonia democristiana. Oggi, gli estremismi non sono amati e si è ben compreso a chi realmente giovano. I sondaggi e le competizioni elettorali ci comunicano, però, che la gente vuole una Destra forte, determinante nel parlamento, che non rinuncia ai propri valori, alla propria storia repubblicana, lunga più di settant’anni, e alle proprie battaglie e ci comunicano altresì che un centrodestra vincente deve disporre necessariamente di componenti culturali variegate e differenti. Se l’una si appiattisce sull’altra ottiene di perdere voti e di farli perdere all’intera coalizione. Con questo piccolo promemoria per il centrodestra e per la Destra, che è quella che ci riguarda maggiormente, dobbiamo costruire la strada per i prossimi appuntamenti elettorali, il più importante dei quali, le elezioni politiche, si fa sempre più vicino.