La Corte di Cassazione ha stabilito con una recente sentenza che il crocifisso nelle aule scolastiche non è un simbolo discriminatorio e che la comunità scolastica può liberamente decidere se debba esserci o meno nelle aule. Nessuno può imporre di toglierlo.

Era da un po’ di tempo che non sentivamo il dibattito sul crocifisso nei luoghi pubblici. È uno dei tanti argomenti dell’ideologia progressista che non si rassegna ad un dato di fatto incontestabile: la figura di Gesù Cristo non è discriminatoria e non intacca la laicità dello Stato, parola portatrice di un significativo ben preciso, spesso volutamente frainteso. Uno Stato laico non si identifica in alcuna comunità religiosa, lasciando ad ognuno la libertà di aderire ad una determinata fede, o, a nessuna, e prende le proprie decisioni sulla base degli interessi della nazione, che possono anche coincidere, giustamente, con i valori cristiano-cattolici, se c’è un partito portatore di quelle istanze, ma non dipendono dalla specifica volontà dei prelati e delle gerarchie ecclesiastiche. Alla luce di tutto questo, in che modo il crocifisso intaccherebbe il principio di laicità? Mostrare un simbolo di fede non impone a nessuno di credere in Dio e chi si definisce ateo, a maggior ragione, dovrebbe restare impassibile. È alquanto arduo comprendere come qualcosa che dovrebbe lasciare indifferente un non credente ne urti la sensibilità. Chi sospetta che ci siano atei e progressisti che utilizzano la loro visione per distruggere la fede ed eliminarne i suoi tratti distintivi ha pienamente ragione. Non è certo una coincidenza che, da svariato tempo, ormai, atteggiamenti di derisione della religione, raffigurazioni offensive ed iniziative raccapriccianti, alcune delle quali finanziate dalle regioni governate dalla sinistra, siano all’ordine del giorno e che gli unici che si pensa la legge non debba tutelare siano i cristiani, come se la Costituzione non tutelasse la libertà di tutte le religioni, anche di quelle non professate dalle minoranze.


Si è in diverse occasioni trattato il tema della lotta all’identità italiana ed europea in tutte le sue forme. Sicuramente il Cristianesimo è uno dei capisaldi di questa, a prescindere dalla religiosità e dall’ateismo. Noi contiamo gli anni a partire dalla figura di Cristo, se siamo europei e abbiamo in quanto italiani tratti simili a quelli degli altri popoli di Europa, dobbiamo ringraziare chi diffuse il Cristianesimo in tutti i territori dell’impero Romano. Le nostre opere d’arte e il capolavoro dantesco partono da temi religiosi. Gli esempi potrebbero continuare all’infinito; alla luce di tutto ciò è innegabile il valore identitario e nazionale del cattolicesimo, quindi, non solo il crocifisso non discrimina gli atei e persone che professano altre religioni ma dimostra quello che siamo ed è un vero e proprio simbolo di civiltà. Tali aspetti furono, tra l’altro, menzionati per la prima volta già negli anni ’90, da varie sentenze, quando la furia del progressismo iniziava ad avvelenare il dibattito nazionale, portando sul banco degli imputati la figura straordinaria di Cristo, il quale, secondo la visione cristiana è morto per redimere l’umanità dal peccato, secondo quella non religiosa, per le idee e il messaggio che voleva diffondere. Nell’uno e nell’altro caso non si può discutere sulla sua grandezza.

Per concludere, ci risulta che in base a quanto stabilito dai Patti Lateranensi non si possa privare alcun luogo pubblico del crocifisso. Noi siamo perfettamente d’accordo ma chi non lo è, dovrebbe, comunque, dire esattamente questo, applicando la legge. Per quanto riguarda, quindi, la sentenza della Cassazione, anche trattandosi di una formidabile risposta al furore ideologico dei nostalgici dell’ateismo di Stato, è errato concedere autonomia eccessiva alle scuole sulla possibilità di non avere la croce, a meno che non vengano cambiati gli accordi tra lo Stato e la Chiesa.