Nella nuova manovra del Governo sarà confermato il Reddito di Cittadinanza. Quanto tempo deve ancora passare per rendersi conto che si tratta di un colossale fallimento? Non bastano i dati macroeconomici peggiori di Europa e il tasso di disoccupazione cresciuto esponenzialmente?

Si può discutere all’infinito con le migliori intenzioni, ma il dato di fatto è questo: se lo Stato da ad un disoccupato dei soldi, inevitabilmente lo mantiene nel suo stato di disoccupazione. Una società si fonda sul lavoro e sull’impegno, non sull’assistenzialismo. Lo Stato non è un elargitore di denaro che tratta il popolo come una massa da plasmare e dirigere a suo piacimento, tramite dei subdoli strumenti che generano dipendenza dalle peggiori logiche della politica. Lo stato è la guida della nazione e parte di esso, non il capo di una moltitudine indistinta di persone. Per tale ragione, il suo compito è quello di mettere gli uomini nella condizione di lavorare, in modo tale che tutti contribuiscano, in ruoli differenti, al progresso economico e morale della Patria. Politica sociale significa ottica comunitaria e riforme che garantiscano diritti inviolabili quali la casa, l’istruzione e la sanità, come risposta all’impegno di ciascuno.

I sostenitori del Reddito di Cittadinanza accusano chi muove obiezioni a questa misura che non ha minimamente incrementato i posti di lavoro di non provare rispetto per chi vive nelle fasce più estreme della povertà. Tale affermazione potrebbe sembrare un’ottima difesa ma per rivelarne la fallacia non serve sprecare tante parole.


Non tutti coloro che vivono in condizioni di povertà usufruiscono del reddito di cittadinanza. Ergo, se anche abolire la povertà significasse distribuire donativi limitati nel tempo e non rendere un uomo indipendente e autonomo per gli anni a venire ( trattasi di periodo ipotetico dell’irrealtà) sono ancora molti quelli che affrontano le medesime situazioni di quando il RDC non esisteva. In secondo luogo, non pochi, in base a quanto rivelano quotidianamente determinate indagini, lo percepiscono, senza possedere i requisiti. Inoltre, come si può immaginare di debellare la povertà senza investire risorse per attuare politiche del Lavoro, diritto costituzionalmente garantito? Un sussidio non può durare per sempre se non in precise e particolari situazioni, quali la  disabilità, la vecchiaia, etc. E, prima o poi, la questione si porrà. Il dramma, però, non è unico, visto che, grave quanto la povertà, è la disoccupazione giovanile, responsabile dell’espatrio di tanti ragazzi, alla quale, a maggior ragione, è assurdo reagire con norme puramente assistenzialiste. Può un giovane laureatosi con il massimo dei voti scappare all’estero o accontentarsi di un donativo politico per non dover essere costretto ad un impiego non all’altezza delle sue capacità? Certi politici dovrebbero lavorare per cambiare rotta e, invece, questo governo sembra essere perfettamente in linea con le riforme fallimentari degli ultimi dieci anni, attuate dai partiti di sinistra e dai grillini. Non deve essere ritenuta peregrina l’ipotesi di utilizzare i fondi per riformare il sistema di docenza universitaria e quello giudiziario, anche in ambito di assunzioni, e smantellare la gerontocrazia nel pubblico impiego, a tutti i livelli, fornendo finalmente alle nuove generazioni la possibilità di accedervi. In egual misura impiegare il denaro destinato al Reddito di Cittadinanza per le aziende, affinché queste assumano un numero considerevole di persone, sgravando quelle che si impegnano ad assumere giovani e gente rimasta disoccupata sarebbe una misura totalmente rivoluzionaria da mutare in melius il futuro.

I precursori del RDC, in ogni caso, pur di restare al riparo da contestazioni, ricorreranno ad un’altra giustificazione, ovvero quella secondo la quale sono gli imprenditori a disincentivare i giovani a lavorare, visto che offrono dei compensi non adeguati. In alcuni casi può essere vero,  anche se, come al solito, si ricorre ad un linguaggio inopportunamente generalista e conflittuale, allo scopo di recuperare idee di contrapposizione nocive per l’armonia della società. Ma ci si chiede come mai c’è chi offre salari ridotti. Ciò avviene perché c’è chi, specificatamente, sopporta condizioni inaccettabili per la civiltà occidentale, ovvero tutti coloro che, da vari anni, giungono in Italia e in Europa clandestinamente. Qualcuno riduce drasticamente i salari in quanto c’è gente che acconsente a subire tale ricatto. È curioso che coloro i quali fanno osservazioni acute, poi, elogino la causa di molteplici e siffatte dinamiche, come quella ( ma non solo) che declamano di odiare. Se ci tengono davvero, i cosiddetti progressisti risolvano il problema alla radice, altrimenti non resterà altro che vuoti paroloni, cui ormai, da vario tempo, siamo avvezzi.

A titolo informativo, per concludere, va detto che gran parte di coloro che sfruttano la manodopera è rappresentata dalle multinazionali dell’e-commerce e del Delivery, non dalle attività piccole, medie e anche grandi che non chiudono i battenti, pur nelle mille difficoltà, e non fuggono dall’Italia. Il rischiò che ciò avvenga è, però, sempre più concreto; infatti, ad aggravare il contesto sopra citato sono le azioni sistematiche di uno stato che danneggia chi gli è alleato con un fisco esoso e oppressivo e una burocrazia irragionevole.