La Storia di Roma antica è divisa in quattro fasi: l’età regia, il cui inizio è databile nel 753 a.C, anno della fondazione di Roma, e la cui fine avviene nel 509 a.C, anno della cacciata dei Tarquini; l’età repubblicana, databile nel 509 a.C, caratterizzata da eventi molto importanti in termini di conquiste territoriali. Roma, infatti, affermerà il proprio dominio su tutto il territorio italico, successivamente sul Mediterraneo e sui territori di Oriente, importando, in particolar modo dal III a.C, la cultura ellenistica e iniziando a coltivare discipline fino ad allora poco conosciute, come la letteratura e la filosofia. Questa era finisce convenzionalmente nel 31 a.C, anno in cui Ottaviano sconfigge definitivamente Marco Antonio e Cleopatra nella famosa battaglia di Azio, costruendo le basi ideali per la fine della Res Publica e la nascita del Principato; il principato augusteo termina nel 14 d.C e in quell’anno inizia la fase imperiale che si conclude con la caduta dell’impero romano d’Occidente, convenzionalmente datata nel 476 d.C.

La suddivisione della Storia Romana in quattro fasi non è accettata all’unisono da tutti gli storici, infatti, non è presente in tutti i manuali; situazione differente sta nella trattazione della letteratura dove la scissione tra periodo augusteo e imperiale, per via del nuovo modo di intendere la letteratura, del rapporto tra i poeti e il Princeps e dell’ingente produzione dei testi, nonostante il lasso di tempo piuttosto ridotto, se confrontato all’età repubblicana e imperiale, è indispensabile. In virtù del fatto che il periodo augusteo è assolutamente ricco di eventi significativi in proporzione al numero degli anni, in virtù del modo di Augusto di intendere il Principato e le antiche istituzioni romane, cosa  che fungerà da modello per i secoli successivi, in virtù del fatto che è Augusto il principio di una svolta significativa della storia e in virtù del fatto che pochi giorni fa si ricordava  l’anniversario della sua morte, la rubrica di storia romana di questa settimana sarà incentrata sulla sua figura e sull’esposizione dei momenti più importanti della sua vita.

La figura di Gaio Giulio Cesare Ottaviano,  appartenente alla Gens Iulia, incomincia ad emergere dopo la morte di Cesare, suo prozio e suo padre adottivo. Egli aveva redatto un testamento nel quale nominava il giovane Ottaviano suo principale erede, il quale, in qualità di figlio adottivo, poté anche acquisire il suo nome. Vista la sua giovane età, Cicerone e i principali esponenti dell’aristocrazia senatoria, ostili ad un mutamento sostanziale delle tradizionali istituzioni repubblicane, come aveva progettato Cesare, assumendo a vita la carica di dictator, guardarono ad Ottaviano come ad un soggetto facilmente manovrabile che li avrebbe riportati a riassumere il controllo di Roma, non molto tardi, però, la realtà si rivela in maniera totalmente differente, a dimostrazione dello straordinario ingegno di Ottaviano e del suo tempismo, dote fondamentale per un uomo politico. Egli è, in una prima fase, ostile a Marco Antonio, principale capo della fazione cesariana, assolutamente inviso al Senato e acerrimo nemico di Cicerone, tuttavia lui e Ottaviano, il quale comprende ben presto le intenzioni dei senatori, stringono un accordo che condurrà alla nascita del Secondo Triumvirato, tra Ottaviano, Marco Antonio e Lepido, scelto come terzo uomo per l’ ingente quantità di patrimonio di cui disponeva. Il secondo Triumvirato è sostanzialmente distinto dal primo, perché consistente in un patto pubblico di spartizione del potere e del dominio dei territori sotto l’influenza di Roma. In tal modo si poteva portare avanti la volontà di Cesare, e questa era una prerogativa per Ottaviano, assolutamente rispettoso della famiglia e di suo zio, ma in modo più graduale. Un’altra conseguenza del Secondo Triumvirato fu la redazione delle liste di proscrizione, atte ad indicare i cittadini nemici da uccidere, cui confiscare tutti i beni; una delle vittime illustri fu appunto  Cicerone per la sua strenua opposizione a Marco Antonio, resa nota da orazioni dello stesso Cicerone, chiamate “Filippiche”. Con la nuova situazione consolidata i triumviri si impegnano, logicamente, a catturare definitivamente gli assassini di Cesare e i loro partigiani, nella nota battaglia di Filippi del 42 a.C. Senza concentrarci su tutti gli eventi di quel periodo, dal momento che sarebbe necessaria una trattazione molto più ampia, va menzionato che Ottaviano si trova a dover fronteggiare fin da subito gli altri triumviri. Il patto stipulato entra in crisi, infatti, dopo pochi anni, ma si riesce a stipulare un nuovo accordo nel 39 a.C; esso sarà, però, disatteso dalle ambizioni di Lepido che, verrà definitivamente sconfitto da Ottaviano, che, ancora una volta, si rivela saggio e imbattibile. A quel punto il potere è completamente nelle mani di Ottaviano e Marco Antonio, padrone indiscusso dei territori di Oriente. Egli intrattiene una relazione con la regina di Egitto Cleopatra, nota per la sua bellezza e per le sue doti seduttive; invaghito di lei, incomincia a gestire il potere in modo dissennato, nel tentativo di rompere le antiche virtù e gli antichi valori di Roma, che, tra le altre cose, rischiava di perdere definitivamente il controllo sui territori faticosamente conquistati.

Un tale contesto non poteva non suscitare l’ostilità di Ottaviano, il quale sempre si era prodigato per garantire a Roma equilibrio e stabilità, tutelandone la sua secolare tradizione; il conflitto con le armi non tarda a giungere e ciò rappresenta l’ennesima occasione di guerra civile che si concluderà nel 31 a.C, con la battaglia di Azio, cui sopra si era accennato, quando Marco Antonio e Cleopatra saranno costretti a suicidarsi per non cadere nelle mani di Ottaviano. Tale glorioso evento è celebrato con estremo pathos nell’ode oraziana Nunc est bibendum! Da quel momento l’Egitto, che era l’ultimo regno ellenistico rimasto autonomo, sarà parte dell’Impero Romano.

Ormai la situazione era chiara ed evidente: Roma aveva subito fin troppi conflitti, che ne avevano minato l’unità, punto di forza da cui non si poteva prescindere. Era chiaro che la Repubblica, certamente faro della storia Romana,  per com’era configurata, non era più adatta alla gestione del potere, in quanto la divisione di esso spesso sfociava in personalismi, ambizioni e avidità. Ottaviano, quindi, doveva fronteggiare tali problematiche, che risolse ineccepibilmente, fondando un vero e proprio impero universale che preservasse la memoria storica di Roma e il suo passato, proiettandola in una straordinaria e innovativa visione. Le scelte gestite dalla collegialità avevano dimostrato la propria caducità, quindi, Ottaviano, doveva assumersi le responsabilità in prima persona, allo stesso modo un uomo svincolato da tutti, non è in grado di governare; partendo da questi presupposti Ottaviano da inizio alla sua azione politica.

Il Senato accettando di anteporre davanti ad ogni cosa il bene di Roma gli conferisce spontaneamente una serie di poteri eccezionali; dal canto suo, Ottaviano mai si esimera’ dal dialogare con i senatori e dal coinvolgerli in tutte le scelte importanti. Riceve la tribunicia potestas che gli consente di porre il veto alle decisioni del Senato; gli viene offerta la carica di dictator ma lui la rifiuta, senza farsi conquistare da nessuna forma di ambizione personale. Nel 27 a.C, terminati gli anni più tumultuosi, ha ufficialmente inizio il principato augusteo. In questa data Ottaviano restituisce a Roma le sue antiche istituzioni repubblicane; in parte erano ruoli formali, certamente, e tale dato viene utilizzato da alcuni storiografi con una vena polemica e antitirannica: in verità, come è stato accennato sopra, Augusto mai fu tiranno e una determinata svolta era ormai imprescindibile e incontrovertibile. Dal 27 a.C Ottaviano verrà chiamato con l’appellativo di Augusto, dal verbo latino “augere”, ovvero, innalzare, titolo conferitogli dal Senato, in seguito al diniego all’appellativo di Dominus, che non era gradito ad Augusto, in quanto sintomo di sentimenti di aspirazioni eccessivamente autocratiche, da lui disprezzate con strenua energia in ogni occasione. Da quel momento fino al 14 d.C Roma conoscerà un periodo lungo e duraturo di pace e prosperità interna e anche esterna, nella maggior parte dei casi, per merito del potere proconsolare decennale di Augusto sulle province.

Tra le più importanti riforme di politica interna va menzionata quella del Senato: Augusto riduce i membri del Senato a 600 e ne elimina quelli ritenuti indegni e pericolosi, memore delle cause delle precedenti destabilizzazioni; riesce  a reprimere il fenomeno del brigantaggio, rivelatosi destabilizzante per la sicurezza di Roma; elimina alcuni collegia ma non quelli più antichi e gloriosi.

Ben consapevole che unità di popolo significa soprattutto preservazione di esso e della sua cultura, pone un freno al numero di cittadinanze concesse, il cui abuso di concessioni, soprattutto nei secoli successivi, in particolar modo da Caracalla, porterà alla dissoluzione dell’impero Romano.

Incrementa il numero di costruzioni di edifici pubblici e di monumenti che sono, ancora oggi, per noi, dei veri fiori di arte e di storia, che distinguono l’Italia nel mondo. Tra i più importanti ci sono l’Ara Pacis, il nuovo Foro che affiancava quello più antico di Cesare, recuperati, in Italia, tra la fine degli anni venti e gli inizi degli anni trenta del secolo scorso, l’Arco Trionfale ,tre importanti acquedotti e il tempio del Divo Giulio. Attribuisce un salario soddisfacente a tutti i soldati dell’esercito imperiale, finalmente degnamente gratificati per il valore dimostrato nelle varie battaglie: attua importanti distribuzioni di grano e di frumento e da nuovi impulsi al commercio e alle esportazioni, unificando l’area del Mediterraneo e reprimendo il fenomeno della pirateria. Enorme successo ha anche la riforma monetaria, che impone nuovi cambi tra la moneta aurea, quella d’argento e quella di rame, rimasta immutata per due secoli.

Nel campo dei costumi sociali Augusto recupera le tradizioni del Mos Maiorum; pur non potendo riprodurle interamente, dal momento che era mutato l’assetto politico e costituzionale, riesce ad infondere nella popolazione un nuovo legame con gli Antenati e a ridar vigore alle politiche di natalità, concedendo premi ed esenzioni alle famiglie numerose.

Nelle arti e nella cultura l’età augustea si distingue per dei nomi illustri quali Virgilio, Orazio, Ovidio, Livio e i poeti elegiaci, tramite i vari circoli culturali voluti dal Princeps, il più importante rappresentato da Mecenate. Virgilio, grande conoscitore della lingua e della letteratura greca, compose l’Eneide, realizzando un perfetto collegamento culturale e genetico tra le genti greche e quelle italiche e dando lustro alla Gens Iulia, presentata come diretta discendente della Dea Venere, vista la figura di Ascanio, noto anche come Iulo, figlio di Enea, eroe troiano e figlio della dea Venere. L’ Eneide sarà la testimone incredibile dell’epoca romana in tutti i secoli successivi, consentendo ai padri della letteratura italiana e ai dotti medievali di conoscere la mitologia greca, quando i testi greci ancora non erano reperibili in Occidente, in seguito alla caduta dell’impero Romano, e ispirando l’opera del Sommo Poeta, Dante Alighieri, padre della lingua italiana.

Quanto qui esposto è un breve assaggio della biografia di un uomo straordinario quale fu Augusto e un accenno all’importante ruolo da lui svolto nella storia romana, senza la quale, oggi, non avremmo nessuna idea di Italia , di Europa e di identità greco-romana, alla base di quella che oggi è definita cultura occidentale. Come viene detto più volte, la cultura di una nazione, per essere costantemente riaffermata, com’è giusto che sia, non può prescindere da un’adeguata conoscenza dei Padri. Tale articolo sia una spinta ad approfondire e studiare al meglio la Storia Romana che va ricordata nei suoi tratti essenziali sempre, a prescindere dalla professione e dal corso di studi scelto.