Il segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha proposto di introdurre una tassa di successione per i grandi patrimoni,(chissà cosa intende veramente per grandi patrimoni) in modo tale da poter istituire un fondo per i giovani disoccupati. Trattasi del classico retaggio culturale della Sinistra, in base al quale lo Stato deve togliere a chi ha di più, soprattutto se ha ottenuto col sacrificio e l’onestà quello che possiede, non per risolvere le problematiche sociali che incombono su alcune persone, tra cui i giovani, ovviamente, ma per dare un contentino temporaneo.

I giovani italiani non hanno bisogno di un assegno ma di un lavoro degno del loro percorso di studi. Il dramma sul quale la politica dovrebbe interrogarsi è proprio questo. Anche, in questo caso, la Sinistra preferisce le scappatoie; arriveranno i soldi del Recovery Fund e nessuno discute di come rivoluzionare completamente il sistema corrente, in modo tale da investire nel lavoro giovanile, nel diritto allo studio, nella ricerca,  nella scuola e nella casa. I soldi ipotetici che Letta vorrebbe dare impediranno il drammatico espatrio al quale sono obbligati intere generazioni? La povertà e il disagio sociale non si combattono dando soldi ma progettando delle riforme che permettano a chi può e deve lavorare di poter emanciparsi in modo degno e di poter contribuire alla crescita e allo sviluppo della propria terra, senza dover dipendere dalla politica. Lo Stato non è un’entità separata dalla società civile ma è parte di essa e deve guidarla, non trattarla come se fosse una moltitudine da riempire a proprio gradimento. È purtroppo difficile far comprendere un tale concetto a chi era indissolubilmente legato a un’ideologia che promettendo pace in Terra, alla fine, ha portato guerra e distruzione, eguagliando tutti in peius e portando ciascuno a vivere la medesima condizione di povertà; fra l’altro, Letta non discende neanche da quella storia ma forse l’anima più intransigente del PD lo ha conquistato; il compromesso storico 2.0

Ironia a parte, queste non sono,però, le uniche obiezioni che vanno mosse al discorso di Letta, anche perché il rosso del PCI, che orgogliosamente la Destra ha sempre e giustamente combattuto, si è trasformato in fucsia, già da molto tempo, di conseguenza certi retaggi sono una brutta copia di quello che era il Comunismo. Quello che prima era un avversario serio, oggi, ha molti tratti caricaturali.

Un tempo, i comunisti, nel parlare di tasse e redistribuzione erano coerenti, pur essendo portatori di soluzioni ingiuste, semplicistiche e non meritocratoche. Oggi, invece, il Partito Democratico, ricorre a quelle prerogative ma esalta la redistribuzione soltanto in relazione a determinate categorie di persone. Deve subire l’onere del fisco chi,magari, vuole donare qualcosa a un proprio familiare, o chi riceve , ma si tace sui grandi colossi che spostano ingenti capitali nei paradisi fiscali, evadendo milioni di euro e, quindi, togliendo risorse all’intera nazione; esattamente come si tace su tutte le grandi multinazionali che sfruttano i propri dipendenti e minano la produzione locale, semplicemente perché sono comode alla causa progressista. Dove c’è, quindi, veramente ingiustizia e dove si accumula ricchezza a discapito degli altri seguendo il proprio tornaconto, in pieno stile individualista, nessuno dei progressisti, globalisti e illuminati vari pensa di intervenire. Dove c’è merito, lavoro e ricchezza sudata, bisogna attuare modifiche importanti per disincentivare chi segue questi sani principi.

Insomma, anche in tal caso, i soliti moralisti della sinistra dimostrano da che parte stanno. Sempre da quella sbagliata.