Un recente fatto di cronaca che ha visto una ragazza di 22 anni, Malika, allontanata dalla propria famiglia e ricoperta di insulti dalla madre, per aver confessato di essere lesbica e di essersi innamorata di una sua coetanea, ha riaperto il dibattito sul ddl Zan, disegno di legge approvato alla Camera e non al Senato, utile, almeno teoricamente, a contrastare il fenomeno dell’ omofobia e della transfobia. Nessuno potrebbe negare la drammaticità di questa storia e non condannare una madre che dimentica evidentemente di esserlo. Questo evento, però, non può divenire un pretesto per emanare una legge che non ha come fine punire chi si macchia di nefandezze, come quella appena riportata, ma semplicemente le opinioni legittime di chi non condivide le idee dei partiti progressisti e di sinistra.

Prima di capire per quale motivo questa legge è rischiosa, bisogna tener ben presente che è inutile. L’ onorevole Zan e tutti i sostenitori di questo provvedimento sostengono che in Italia non è punito alcun tipo di reato che abbia come movente l’ omofobia. Niente di più falso: secondo le disposizioni del Codice Penale, chiunque commetta violenza ai danni di un’ altra persona per motivi abietti è punito con una pena aggravata fino a 1/3 in più della pena prevista. Vari anni fa, a Napoli, un omosessuale subì un pestaggio e l’ aggressore fu condannato, qualche anno dopo, in via definitiva, a scontare dieci anni di carcere. Questa sentenza, fra l’ altro, fu estremamente apprezzata dalle associazioni LGBT. La stessa madre di Malika è sotto indagine, visto che la figlia ha reso nota la vicenda. Gli esempi potrebbero continuare all’ infinito e a chiarire qualsiasi tipo di dubbio c’è l’ interpretazione della legge; nessun giudice di fronte a un reato grave, che abbia come movente l’ omofobia o la transfobia, rimarrebbe impassibile.

Se tutto fosse, però, semplicemente superfluo, nessuno ne parlerebbe. In Italia, dato l’ andazzo degli ultimi dieci anni, siamo abituati a norme insensate, vere e proprie armi di distrazione. Qui, però, sono in gioco la libertà di pensiero, di espressione e il diritto di critica.

Del DDL ZAN nessuno mai cita le definizioni principali, per esempio, quella dell’ identità di genere. Si afferma un principio assolutamente nocivo e relativista, cioè quello secondo il quale l’ essere uomo o donna non sia determinato dal sesso dell’individuo e nemmeno da un eventuale processo di transizione ma dalla semplice autopercezione. Questo, essenzialmente, significa che qualsiasi uomo potrebbe dichiarare di essere donna, anche senza aver cambiato sesso, e aderire ai medesimi diritti che spetterebbero a una donna; chi dovesse rifiutarsi di concederglieli verrebbe condannato per istigazione alla discriminazione. Concretamente un uomo è convinto di essere donna e può partecipare a competizioni sportive con le donne, pur essendo magari biologicamente avvantaggiato, in barba a qualunque rispetto per il genere femminile tanto caro, almeno in teoria, ai paladini del Politicamente corretto. Se un uomo dichiara di sentirsi donna può accedere, in una palestra o in una piscina, allo spogliatoio femminile e, se il gestore dovesse rifiutarsi, sarebbe condannato per discriminazione; addirittura, un uomo che si autopercepisce donna potrebbe accedere alle quote rosa e chi gli negasse tale diritto subirebbe un processo e una condanna.

Questa disposizione è talmente pericolosa da aver suscitato anche l’ indignazione delle femministe che hanno posto la questione di come le conquiste sociali delle donne verrebbero totalmente svilite.

Qualche altro esempio?

Nella medesima legge non viene citata soltanto la discriminazione ma anche l’istigazione a commettere atti discriminatori. La discriminazione, secondo il nostro attuale ordinamento, consiste nel non concedere a un individuo una determinata opportunità, in ragione della sua razza, appartenenza religiosa e opinione politica ( anche se in questo caso con la Destra si fanno delle eccezioni). Se si negasse, ad esempio, a un uomo e a una donna di colore di adottare un bambino bianco o qualcuno incoraggiasse a compiere questo atto, si tratterebbe, logicamente, di discriminazione; ma se al razzismo si aggiunge la componente omofobia, sarebbe ritenuta, alla medesima maniera, un tipo di discriminazione il negare a una coppia gay di adottare un bambino o il dire pubblicamente che l’ unica vera famiglia è composta da un uomo e da una donna e che la figura materna è necessaria nello sviluppo e nella crescita del minore.

Tutte queste componenti prospettano un quadro inquietante e servono a perseguire un obiettivo al quale  certi politici, giornalisti e finti intellettuali ambiscono da sempre. Censurare le opinioni e i valori che non condividono, a causa dell’ incapacità di convincere il popolo italiano delle tesi opposte. Può essere un crimine tutelare la vita di un bambino e credere che la famiglia naturale, patrimonio dell’ umanità, preesistente alle nazioni, non possa essere parificata ad altri tipi di unione e che vada attuata una netta distinzione tra vita personale, amore e istituzioni? Può essere un crimine per un convinto cristiano non stimare al medesimo modo l’ unione eterosessuale e omosessuale? Non è, a norma di Costituzione, tutelata anche la libertà religiosa, oppure, nel nuovo modello di società che si sta delineando tutto ciò che ha l’ aria di essere tradizionale e immortale merita disprezzo e ludibrio? Inoltre, visto che le parole di odio verrebbero punite, corrono rischi molto seri i testi di San Paolo e di Dante, cristiani per eccellenza; uomini del passato, importanti per la nostra storia, la nostra identità e la nostra cultura, che rischiano di finire nel rogo Politicamente corretto, avendo la colpa di essere nati in un’ epoca fondata su canoni differenti da quelli odierni. Lo stesso Benigni, noto divulgatore di Dante, molto vicino alla Sinistra, dovrebbe fare molta attenzione ai passi della Commedia di Dante che recita.

Tutte queste probabilità possono apparire pura speculazione ma, in realtà, nelle nazioni europee in cui vigono norme come quella che si vorrebbe far approvare in Italia, si sono già tutte verificate. In Inghilterra, ad esempio, una madre è sotto indagine per non aver voluto che il proprio figlio seguisse nella scuola una lezione sulla teoria gender; medesima sorte è toccata a un’ altra famiglia che si è rifiutata di far vestire il proprio figlio come una donna( chissà perché di queste forme di violenza non si discute?) Nella nostra nazione, dove la scuola, in molti casi, già è un luogo di indottrinamento e non di cultura e formazione, purtroppo, cosa accadrebbe in questi casi, visto che allo stato attuale pullulano ragionamenti come la differenza tra sesso e identità di genere e racconti distorti di fiabe e miti? Bisogna ricordarsi cosa accadeva lo scorso secolo quando lo Stato si sostituiva alla famiglia nell’ educazione dei figli e non è una coincidenza il fatto che i diretti eredi del Comunismo che considerava i bambini come figli dello Stato e non dei genitori, poi, diano poca rilevanza all’ identità familiare, provando a rendere tutto uguale.

Ulteriore aspetto da non sottovalutare sono le reazioni degli individui. Una legge percepita dalla maggioranza degli italiani come ingiusta potrebbe comportare l’ irrigidimento di determinate opinioni e non aiuterebbe gente come Malika. Davvero sarebbe accettata dalla madre, se passasse un provvedimento del genere, o, cosa molto plausibile, la madre, sentendosi oppressa, penserebbe di essere, a maggior ragione, nel giusto? Ciò che è ingiusto non può curare gli abomini, di qualsiasi natura siano, e non cambierà la mentalità della gente, senza contare che, in Italia, fortunatamente, episodi gravi di omofobia e transfobia sono rari e sono volutamente ingranditi da chi ha come unico obiettivo la repressione di natura sociale e politica.

Come Azione Universitaria siamo consapevoli della complessità di questo argomento ed è per tale ragione che ci siamo proposti di trattarlo. Non è accettabile che chi rifiuta la narrazione dominante del DDL Zan sia accusato di insensibilità ed egoismo; la verità va conosciuta e appresa e come giovani universitari, ancor prima che come ragazzi di Destra, abbiamo questo compito fondamentale, con buona pace di chi auspica di metterci in disparte.