Per iniziare la trattazione di tale tema è opportuno fare un primo rimando all’articolo 122 della Costituzione, il quale, così come modificato dalla legge costituzionale 1/1999, stabilisce che il sistema di elezione, i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, siano disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica la quale stabilisce anche la durata degli organi elettivi.

Tale legge statale (numero 165) è arrivata però (nonostante la modifica costituzionale sia del 1999) soltanto nel 2004; essa fissa i principi di ineleggibilità tra i quali figura anche il limite dei due mandati del presidente della regione. Questa legge non è stata poi tradotta dalle regioni, o meglio non da tutte; in particolare sono 7 le regioni a non averla recepita, tra le quali spiccano Puglia, Campania e Liguria, altre invece l’hanno recepita tardi, è questo il caso del Veneto che ha provveduto a recepirla nel 2012, approvando una legge quando Zaia era già in mandato,bypassando, dunque, il suo primo mandato e facendo così in modo che Zaia risulti ora al terzo mandato anche se legalmente risulta esser al secondo. 

C’è in atto una discussione relativamente a se le leggi quadro, come quella in questione, possano essere auto-applicative. La Corte non si è espressa; ci sono solo sentenze di vari tribunali, adesso, però, con le elezioni regionali alle porte, in 4 regioni (Sardegna, Basilicata, Piemonte ed Umbria) è probabile che se qualche candidato già eletto 2 volte si ricandiderà in regioni che ancora non hanno posto alcun limite, non recependo la legge statale 165/2004, la Corte Costituzionale probabilmente interverrà.

La nostra Costituzione dice poco sulla legge elettorale regionale e demanda, fondamentalmente, alla legge nazionale la disciplina generale della materia elettorale regionale e alle singole leggiregionali la disciplina di dettaglio, alla stregua di una competenza concorrente.

Tali principi sono fissati nella cd legge quadro n. 165 del 2004, che riprende pezzi di vecchie normative, come la legge 108 del 1968, che è la prima legge sulle elezioni regionali, la legge 43 del 1995 e ovviamente la legge costituzionale 1 del 1999. Sulla base di tale legge quadro che fissa il limite dei due mandati, sono però sorti vari problemi interpretativi. Primo problema interpretativo che è sorto riguarda se il limite dei due mandati fosse da intendere a partire dall’elezione diretta del presidente della regione, introdotta con legge costituzionale 1/1999, o fosse da intendersi in termini generali

Difatti, in quel periodo storico, erano presenti presidenti di regione diventati tali con la vecchia forma di governo regionale, la cd forma di governo assembleare, eletti, dunque, in consiglio e candidatisi solo successivamente ad elezione a suffragio universale e diretto. Come considerarequel mandato? vale o non vale? Non è un mandato fatto con il nuovo sistema di governo neoparlamentare e dunque con presidente eletto direttamente dai cittadini della regione. 

Relativamente a tale questione, bisogna esser bravi ad intrecciare nel loro utilizzo una serie di strumenti interpretativi: se usiamo uno strumento classico, come quello teleologico, è chiaro che l’intenzione del legislatore del 2004, nel momento in cui fissa il limite per due mandati, è quella di non avere personalizzazioni troppo lunghe a prescindere dalla forma di governo; è proprio un modo per dire che chi detiene determinati incarichi di potere in quell’ambito regionale non può ricoprirli per più di due mandati; tale limite non rileva, dunque, e non è connesso in alcun modo all’elezione diretta o meno della figura. Quindi una interpretazione pura della norma potrebbe spingerci a dire no: sono due mandati a prescindere dall’epoca storica in cui sono stati conseguiti. 

È chiaro però che ciò si intreccia con una serie di dinamiche e volontà politiche che, invece,vanno in direzione opposta; le regioni, dal canto loro, sostengono una tesi antitetica, che non è tanto quella di dire “non si conta il primo mandato” ma era addirittura quella di dire “quanto prescritto da legge statale, è una norma di principio, se la Regione non produce la legge attuativa regionale quella norma statale è come se non esistesse”. Le regioni sostengono, dunque, la non auto applicatività della norma e quindi negano la cogenza della norma che impedisce di avere più di due mandati consecutivi. 

La via di mezzo trovata, nel primo caso senza il ricorso alla Corte Costituzionale, è stata quella di aderire ad una interpretazione a metà che sostiene che il limite dei due mandati lo si faccia riferire solo ed esclusivamente all’elezione diretta; quindi, si dà per buono che i mandati fatti prima della legge costituzionale 1/1999 non valgano.

Il dibattito interpretativo ad oggi, è invece spostato su un altro livello: tale disciplina di principio dettata dalla legge statale è auto applicativa o non lo è? Serve la legge regionale per dare seguito ad essa oppure non occorre ed è cogente anche senza intervento regionale? Attenzione, dovesse passare la non auto applicatività di tale legge, si potrebbero aprire scenari del tutto opposti rispetto alla prima richiamata interpretazione teleologica. Si pensi ad un presidente che espleta il suo primo mandato da presidente eletto direttamente senza una legge elettorale regionale che recepisca il limite dei 2 mandati, durante il suo primo mandato, viene approvata dal consiglio regionale la legge regionale che recepisce tale limite, il quale però scatterebbe, a tal punto, dal mandato successivo e, magari, ha anche già fatto con il vecchio sistema assembleare pre-riforma costituzionale 1/2001 due mandati, si creerebbe così un sistema all’interno del quale un presidente potrebbe tranquillamente realizzare cinque mandati consecutivi.

Cosa succede dunque se la Regione non recepisce tale limite nella legge regionale? Secondo quanto portato avanti dalle regioni, l’ipotesi è che, se non c’è la legge regionale, quel principio non è auto applicativo perché appunto è una dichiarazione di principio che invita le regioni a porre tale limite. A mio avviso va detto però che questa è una interpretazione scorretta per una serie di ragioni tecniche costituzionali: 

– Innanzitutto, la legge quadro sulle elezioni regionali è prevista dalla costituzione, per cui funge da norma interposta e, quindi, va rispettata innanzitutto perché prevista dalla costituzione e quindi, se tale legge fissa il limite dei due mandati le regioni devono rispettarlo

– seconda motivazione è una motivazione concreta di funzionamento del sistema delle competenze, leggere il rapporto tra principi fondamentali e normative di dettaglio in questo modo (cioè se la regione non fa una legge regionale che recepisca il principio, il principio non esiste) è una lettura che fa saltare tutto il rapporto della legislazione concorrente tra Stato e Regioni, a tal punto infatti non esisterebbe più il discorso relativo all’art 117 3° comma della Costituzione sulle competenze legislative, perché sarebbe come dire che i principi statali posti nelle varie materie possono essere evasi semplicemente ignorandoli e non è così. 

È evidente che non può essere così, dato che un principio è cogente anche senza normativa regionale di dettaglio e poi anche perché, altrimenti, ciò significherebbe ammettere che quel principio così come non ha valore sul terzo mandato non lo ha nemmeno in materia ambientale (materia concorrente)

C’è poi il fatto politico: alcuni dei presidenti delle regioni oggi puntano ad avere una proroga del proprio mandato cercando di avere la possibilità di ricandidarsi, puntando al terzo mandato. (Attenzione se siamo di fronte ad un divieto di terzo mandato non siamo di fronte ad un soggetto ineleggibile ma proprio incandidabile) limitazione questa dell’elettorato passivo (la Corte Costituzionale ha chiarito fin dal 48 che tali limitazioni sono possibili). 

Lo stratagemma su cui puntano alcuni presidenti come quello della Regione Campania De Luca è quello di approvare una nuova legge elettorale ad hoc, che deroghi esplicitamente al limite del secondo mandato dicendo che è possibile una proroga una tantum.

La soluzione? Prima di ricorrere alla Corte Costituzionale (cosa che creerebbe un bel problema relativamente a quando andare in Corte, prima o dopo le elezioni? Sarebbe opportuno farlo prima anche se le tempistiche lo rendono quasi impossibile) bisogna tener conto che tale terzo mandato non lo sta chiedendo il presidente degli Stati Uniti di America con tutti i poteri che esso si porta dietro, la situazione di fronte la quale ci troviamo è infatti quella non di eccessivo potere ma di condivisa buona amministrazione ritenuta tale dai cittadini della Regione; sarebbe preferibile dunque che il legislatore nazionale, prima di dover ricorrere ad una soluzione giurisdizionale, prendesse una decisione chiara su questo, intervenendo dunque sulla 165/2004 e specificandocome interpretare questo limite del secondo mandato; quindi specificare se il limite è tassativo, se precludere alla legge regionale di derogarvi, o se è invece al contrario derogabile, magari ci si renderà conto che tale limite non ha ragion d’essere e sarà eliminato. L’importante è che venga chiarita questa condizione prima delle prossime tornate elettorali. 

Probabilmente è chiaro che il legislatore statale deve prenda questa decisione ispirandosi al principio della leale collaborazione, ricorrendo dunque alla Conferenza Stato Regioni. Il presidente della Conferenza dei presidenti delle Regioni sta infatti discutendo da tempo con il governo su questo tema, cercando di trovare una situazione chiara e ottimale. Attenzione più tale vicenda andrà avanti senza una chiara presa di posizione, più c’è il rischio che personalità comeZaia o come De luca risultino incandidabili magari al termine di una grande campagna elettorale,ciò farebbe passare loro come dei martiri che non sono stati fatti candidare contro il volere del popolo e ciò non giocherebbe neanche a favore della democrazia e della stabilità del nostro ordinamento.

La ratio del limite dei mandati, a livello internazionale, serve non tanto ad evitare un colore politico univoco, ma il tema è quello di evitare un’eccessiva personalizzazione della politica. Il problema che si genera infatti non è solo quello che queste figure sono in grado di catalizzare a livello nazionale l’attenzione dei mass media ma anche che con una eccessivamente lunga permanenza di determinate persone nello stesso identico luogo di potere, si crea un sistema di potere che non fa più tanto capo all’organizzazione quanto alla persona e al suo gruppo di fiduciari come ad esempio assessori, fornitori, consulenti, direttori ecc. (si pensi a tutto il sistema di Spoils System per le nomine che spettano al presidente di Regione solo per il fatto di essere tale), nella ratio per il periodo in cui sono chiamato a governare farò ciò con personalità di mia stretta fiducia, ad esempio si pensi ai direttori delle aziende sanitarie locali. A livello regionale questo problema è più forte che non a livello nazionale essendoci maggior contatto con i livelli locali da parte dei Presidenti di regione che operano all’interno del sistema appena richiamato.

Simone Masi