L’azienda Ferrero premia i suoi dipendenti per i risultati conseguiti quest’anno. Seimila persone riceveranno 2.200 euro oltre al loro stipendio nel mese di ottobre.





L’azienda Ferrero premia i suoi dipendenti per i risultati conseguiti quest’anno. Seimila persone riceveranno 2.200 euro oltre al loro stipendio nel mese di ottobre.Tale decisione è prova della grande capacità imprenditoriale di una ditta italiana famosa in tutto il mondo per la qualità dei suoi prodotti e uno schiaffo morale sia a chi ambisce a costruire un futuro di precarietà e instabilità lavorativa, tramite il modello dell’e-commerce, sia a chi alimenta demagogicamente la contrapposizione tra dipendenti e padroni, sconfitta dalla storia e rivelatasi deleteria e incapace di creare sviluppo. Siamo sempre stati convinti dell’importanza di armonia e di “concordia ordinum” all’interno della società, in quanto è abbastanza scontato che per il benessere nazionale non si possa prescindere dalla differenza di ruoli e di settori, i quali, però, vanno tutti rispettati. Il nemico è all’esterno, non all’interno. Il peggior avversario del lavoratore italiano non è l’imprenditore connazionale vessato dalla burocrazia e dalle tasse ma la globalizzazione e i poteri finanziari che, tramite norme fintamente sociali e di sussistenza, distruggono il tessuto produttivo dell’Italia e di tutte le nazioni europee. Quanto attuato dalla Ferrero è l’emblema di tutto.

Se un lavoratore viene premiato per gli obiettivi raggiunti o viene chiamato a partecipare in una certa percentuale agli utili d’impresa, lavorerà meglio e di propria iniziativa non risparmierà di lavorare qualche ora in più, sempre nei limiti imposti dalla legge. Allo stesso modo, un’impresa che gode al suo interno di dipendenti capaci e volenterosi aumenterà il proprio profitto. Ciò le consentirà di apportare ricchezza a tutta la comunità nazionale e di incrementare i posti di lavoro, togliendo dall’indigenza una serie di persone, le quali, in completa autonomia, muteranno la propria condizione, senza dover aspettare l’assistenzialismo della politica partitocratica. I proprietari della Ferrero sono sicuramente ricchi e sono una delle prove di un principio che non dovrebbe minimamente essere discusso: la ricchezza meritata non è nociva e molti sono indotti ad odiarla perché plagiati da una propaganda miope e irresponsabile. Accecati ad un certo punto da questa non comprendono che la causa delle loro problematiche non è il concittadino che vive meglio di loro – cosa che il divide et impera fa credere- ma chi, da svariato tempo, si ingegna perché le ditte chiudano e non perché aprano. Uno stato giusto non deve sottostare ai ricatti di certi poteri elitari, ovvero smantellare tutte le riforme sociali ottenute da poco meno di un secolo, ormai. Contestualmente non può realmente immaginare di sciogliere la questione con il Decreto Dignità e non con provvedimenti coraggiosi e lungimiranti che tolgano le stesse aziende da un certo circolo vizioso, creato ad hoc da coloro i quali con esse competono in modo sleale.

Prima della nascita dello stato sociale, ovvero di norme che effettivamente regolassero i rapporti umani,  il nemico del povero poteva essere il più benestante ma non perché era tale ma per il fatto che vista la propria posizione privilegiata aveva un’influenza maggiore. La risoluzione efficace mai fu il marxismo, ovvero l’egualitarismo, la soppressione della libertà, dei valori e dell’ingegno, in nome del materialismo più spicciolo. La risposta è da sempre uno stato che, come un padre, risolve la contesa, senza opprimere nessuno e senza garantire uguaglianza. La via di uscita e di prosperità è un’amministrazione della cosa pubblica che elimina le guerre sociali, tutelando ciascuno nel proprio ruolo ed impedendo che una certa posizione sia dannosa per un’altra. Il nemico non è la differenza ma il non vivere per i valori spirituali. Ritrovare identità e patriottismo come è fondamentale per non vivere nella povertà culturale, mentale e spirituale è altrettanto fondamentale per non condurre una vita di stenti ed indigenza, sia a livello individuale che comunitario.