Circa un anno fa il prof Maurizio Bettini, autorevole docente di latino dell’ Università di Siena, molto noto negli ambienti accademici, ha scritto questo saggio: “Homo sum, esseri umani nel mondo antico”; le prime due parole sono l’ incipit di una massima tratta da una commedia di Terenzio: “homo sum, nihil humani alienum a me puto” (Sono un uomo, niente di quello che è umano mi è estraneo). L’ intento del professore però non era quello di valorizzare questo principio, ma quello di criticare la politica migratoria di Salvini che in quel periodo era ministro degli interni.

È legittimo esprimere le proprie idee ma se leggiamo questa opera, interamente, o ne leggiamo la descrizione e le conseguenti dichiarazioni dell’ autore stesso, è possibile scorgere varie criticità. Sia chiaro che non vi è la minima intenzione di dubitare della profonda conoscenza del prof Bettini sul mondo classico, ma semplicemente di contestare un furore ideologico che può portare a travisare i valori degli antichi greci e degli antichi romani;  per riuscire nell’ obbiettivo che si era prefisso, il professore decide di introdurre il suo saggio paragonando la vicenda di Enea descritto da Virgilio nella sua opera principale, l’ Eneide, come eroe di Ilio, ormai distrutta, in fuga dalla propria città, alla fine della guerra di Troia,  che approda sulle coste di Cartagine, ospitato dalla regina Didone che di lui si innamora,  a quella dei clandestini che venivano respinti mentre cercavano di raggiungere le coste della Sicilia.

Quello che viene spontaneo chiedersi è: in che modo una vicenda inserita in un contesto mitologico, che aveva un fine eziologico, cioè spiegare la nascita di Roma e la sua futura grandezza, nonché la natura divina di Augusto, può essere sovrapposta alle ingenti ondate migratorie che da anni destabilizzano la nostra nazione e l’ Europa? Questi stravolgimenti partono dalla ξενια, (ospitalità, in greco)  valore fondamentale per gli antichi, che aveva delle prescrizioni ben precise, come, per esempio, il rispetto, la non invadenza e la durata limitata nel tempo e la  religione, in quanto spesso si collegava a un’ ospite una divinità; in tal senso va precisato che con l’ Eneide c’ entra poco l’ ospitalità, visto che nell’ opera è messo in risalto soprattutto il viaggio compiuto da Enea e le varie peripezie da lui affrontate, per giungere alla terra in cui sarebbe nata Roma; in secondo luogo, ragionando  per paradossi, poniamoci questa domanda: se Virgilio avesse voluto comporre un poema per esaltare le continue invasioni di stranieri che approdavano sulle coste della Sicilia, parte fondamentale dell’ Impero Romano, avrebbe ricevuto il placet di Augusto? È alquanto improbabile, a maggior ragione se pensiamo a una società retta economicamente dagli schiavi, i quali erano stranieri sconfitti durante una guerra, nella maggior parte dei casi.

Può generare ilarità questa riflessione anche a chi è di sinistra ma razionale. Il bello, comunque, non finisce qui( e da ridere ci sarà poco). Questo stesso docente, recentemente, ci ha illuminato con un’ altra perla di saggezza: nel corso di un’ intervista ha sostenuto che è inutile tradurre nei licei classici e, quindi, ha sposato una tesi  particolarmente apprezzata negli ambienti dei tecnocrati e dei progressisti, i quali, evidentemente,  non sanno( o,meglio,  lo sanno e ne sono felici) che la scuola italiana è decaduta proprio da quando il latino non si è più studiato nelle scuole medie e da quando il liceo classico ha perso la sua funzione reale,  cioè quella di palestra del ragionamento, della formazione e serbatoio di tutto ciò che ci hanno lasciato i nostri antenati, con i quali ci confrontiamo quotidianamente. Questi stessi signori, curiosamente, sono i paladini del politicamente corretto e del fanatismo immigrazionista e antifascista! Morale della favola: se alcuni classicisti utilizzassero il loro tempo, che, come diceva Seneca, è il bene più prezioso, per convincere i ragazzi a frequentare il liceo classico, per lottare contro la deriva antropologica e il tecnicismo imperante, l’ anticamera della lotta all’ umanesimo, e non si piegassero ai dettami del politicamente corretto, in nessun modo compatibile con la cultura classica, -anzi, carnefice di questa- la condizione dell’ istruzione  Italiana  sarebbe nettamente migliore. Bettini non è un caso isolato ma è l’ emblema di quelli intellettuali che si servono della loro conoscenza per seguire mode e costumi deleteri.