Parliamo dell’ormai nota “plastic tax”, tassa figlia dell’onda gretina che ha come fine quello di disincentivare l’utilizzo della plastica nelle coperture o negli imballaggi principalmente ad uso alimentare. Inizialmente si era pensato di inserirla nella prossima manovra finanziaria, con attuazione al primo gennaio 2020 e con una tassazione di 0,75 € per ogni kg di plastica utilizzata; ad oggi invece si parla di attuazione al primo luglio 2020 e con tassazione di 0,50 € per kg.

Fonte: financecue.it


Il presidente Conte ha giustificato lo slittamento di questa attuazione “per dare un periodo di tempo funzionale all’adeguamento a tutte le aziende che si vedranno coinvolte”, ma, per le malelingue, la tassa verrà attivata dopo le elezioni regionali di Emilia-Romagna e Calabria.

Ma in tutto questo, come si pone l’Italia su questa tassa, in riferimento al quadro europeo?

L’Europa, tramite la strategia “New Plastic Strategy”, ha definito di voler ridurre del 50% l’uso della plastica entro il 2025 e del 55% entro il 2030. Gli stati membri si stanno mobilitando a recepire tale direttiva per poter raggiungere questi obiettivi ed è proprio in questo scenario che si colloca la “Plastic tax”. Il problema di questa tassa però è che se da una parte vuole puntare a ridurre l’utilizzo della plastica, dall’altro non fa che aggiungere nuovi rincari che andranno a gravare sulle spalle dei consumatori. Infatti, secondo la Federconsumatori, una famiglia con la tassazione attualmente pensata dovrà spendere circa 138 euro in più all’anno.

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Ma non è solo un problema di rincari al consumatore. Questo diventerebbe anche un enorme costo per le imprese, potendo portare così diversi problemi a livello occupazionale, dato che le aziende delle materie plastiche sono circa 10.000 in Italia e contano 150.000 addetti, contando su un fatturato di 40 miliardi (dati federazione UninionPlastica). Ma il dato che fa sembrare stonata tale tassazione è che l’Italia risulti essere uno dei Paesi più innovativi nell’ambito della ricerca sul riciclo e sulla scoperta di nuovi materiali (basti pensare che i materiali plastici si sono molto alleggeriti nell’ultimo decennio).

Alla luce di tutto questo, ci chiediamo se sia davvero necessaria una tassa del genere, la quale, sfruttando la moda del momento, si infila nelle tasche degli italiani facendo passare questo governo per “eco-friendly” piuttosto che “sanguisuga”. Ma si sa, si finisce sempre con l’essere vittime di se stessi, arrivando a demonizzare la plastica in tutte le sue forme senza contare che la maggior parte di tubature, coperture, contenitori e serbatoi industriali e non sono composti maggiormente da plastica.

Voler cancellare tutto questo senza voler dare prima un’alternativa significa solamente ed unicamente puntare a mettere in ginocchio il proprio Paese in nome di questa nuova religione pagana chiamata “ecologismo”.