In questi giorni si è svolto il tour di Luka Hein in Italia promosso da ProVita & Famiglia. Com’era prevedibile, non sono mancate manifestazioni di attivisti LGBTQ+ che hanno cercato di impedire il corretto svolgimento dell’evento. Ma chi è questa ragazza americana che ha girato tutta la penisola raccontando la sua tragica storia?
Luka è una ragazza di 22 anni, originaria del Nebraska, e sembra una normale ragazza da fuori, anche se non riesce a nascondere un’espressione infelice che la accompagna da anni. Tutto inizia durante la sua adolescenza, quando i genitori decidono di separarsi lasciando nella loro figlia un dolore mai curato. Luka inizia, quindi, a 13 anni a isolarsi sempre di più: non frequenta più gli amici, non ha buoni rapporti con sua mamma e suo papà e trova sollievo solamente in un luogo, il web. È qui che Luka inizia a sentirsi compresa. La ragazza viene a contatto con numerose storie di ragazzi che, provando i suoi stessi disagi, hanno trovato la soluzione nella transizione di genere. Luka viene talmente bombardata da video, post e articoli sui transgender che arriva alla conclusione che anche lei è nata nel corpo sbagliato: non c’è alternativa se non diventare un uomo.
La ragazza viene subito supportata da famiglia, scuola, psicologi e medici. Sono proprio i professionisti sanitari a spingere più di tutti per il cambio di genere di Luka, arrivando addirittura a rivolgere ai suoi genitori la triste domanda: “Preferireste avere un figlio vivo o una figlia morta?”. In ogni convegno pubblico Luka sottolinea come gli psicologi e i medici non abbiano affatto cercato di comprendere le inquietudini e le difficoltà di quell’adolescente, ma le hanno sempre dato come unica soluzione la transizione. Luka inizia quindi a modificare il suo corpo: inizia con l’assunzione di anticoncezionali ormonali, passa a fasciarsi il seno poi incomincia ad assumere testosterone fino a sottoporsi, a soli 16 anni, a una doppia mastectomia. Il cambio ormai è irreversibile.
Luka, ormai ragazzo, non trova però quella felicità che tutti gli avevano promesso, anzi, prova sempre più disagio in quel corpo mutilato che non ha potuto diventare donna. A 20 anni Luka, ormai diventata più matura, si rende conto che tutto quello che le era stato raccontato non era altro che un’enorme bugia. Lei non era affatto un uomo nato nel corpo sbagliato, ma è sempre stata una femmina, come scritto in ogni sua cellula. Nelle interviste rilasciate racconta quanto sia stato difficile accettare di essersi sbagliata. Non scorderà mai quando, dalla sua residenza universitaria a centinaia di km da casa, ha chiamato sua madre in lacrime per dirle che era stata INGANNATA. Tutto quello che voleva era tornare donna.
Luka è una detransitioner, ossia una persona che ha cambiato genere per poi tornare al suo sesso biologico. In questo percorso inverso, però, è stata lasciata completamente sola. Non esistono delle terapie specifiche per rendere reversibile la transizione. Nessun medico o psicologo ha saputo accompagnare Luka in questo difficile cammino per recuperare la sua vera identità, nessun attivista LGBTQ+ l’ha compresa, tutt’altro, viene additata come unapostata. Oggi la storia di Luka, come quella di tanti detransitioner, è oscurata dalla nostra società a trazione woke perché rischia di mettere in crisi la stessa ideologia gender. Verrebbe da domandarsi se queste persone pensino sia più importante la salute di una persona o l’incolumità della loro propaganda. Per di più, l’interruzione delle cure ormonali a cui si è sottoposta Luka le ha causato degli effetti collaterali, sia dolori articolari sia una maggiore sensibilità agli sbalzi di temperatura.
Infine, può essere d’aiuto uno sguardo sulla disciplina dell’età necessaria per il cambio di genere nel mondo. Nella maggior parte dei paesi occidentali, tra cui gli Stati Uniti e l’Italia, il cambio di genere è possibile farlo autonomamente a 18 anni, ma è permesso farlo anche più presto, generalmente dai 14 anni, se si ha il consenso dei genitori. Ci sono poi paesi che permettono di effettuare la transizione di genere autonomamente a 16 anni (Spagna e Malta) o 15 (Islanda).
Questo tema è di estrema attualità oggi e il presente articolo vuole sollevare la questione se sia legittimo permettere ad un ragazzo minorenne di fare un cambiamento di genere. È veramente cosciente una ragazza di 14 anni di cosa comporti un cambio così radicale? È possibile che i medici non abbiano cercato altre soluzioni per i problemi di Luka o almeno proporle di aspettare la maggiore età per questo processo irreversibile? Perché non è previsto un percorso terapeutico per i detransitioner? La storia di Luka deve servire ad aprire un dibattito su questo tema perché sia messa al primo posto la salute e la vita dei nostri ragazzi piuttosto che la propaganda di un’ideologia.
Santiago Fornasir