Nell’ultimo periodo si è scatenato un dibattito pubblico abbastanza sentito sull’aumento esponenziale dei costi di locazione delle unità abitative nelle grandi città italiane: domanda che supera di molto l’offerta di immobili disponibili, costi difficilmente sostenibili e conseguenti situazioni di sovraffollamento di unità abitative e quartieri rendono sempre più nero il quadro della vivibilità delle metropoli del bel paese. Un quadro cupo che presenta comunque problemi endemici che non nascono con le problematiche più recenti, problemi derivanti dalle anormali condizioni d’esistenza dettate dalle mode e tendenze imperanti nel contesto contemporaneo. Tra le principali problematiche caratterizzanti la vita metropolitana non si può non citare l’alienazione dettata dalla creazione di quartieri dormitorio, quartieri nati per sopperire alla crescente domanda di immobili, quartieri a metà tra la città e la provincia, realtà grigie di un mondo di mezzo fatto di alienazione e esclusione sociale.

La mancanza di servizi, di luoghi di aggregazione, di opportunità lavorative e la lontananza dal centro rendono tali zone vere e proprie fucine della criminalità, l’impossibilità della creazione di una comunità salda in tali contesti è palese. Ulteriore fattore che tende ad accrescere le problematiche sopracitate è rappresentato dall’immigrazione di massa. Essa, in una realtà già impossibilitata alla creazione di momenti aggregativi, data la molteplicità valoriale dettata dalla diversa provenienza culturale, genera fenomeni di auto-ghettizzazione che quando non portano all’individualismo ed all’isolamento sociale, spesso sfociano nella creazione di micro comunità etniche chiuse ed a volte cozzanti in rapporti di cattivo vicinato che potrebbero degenerare sulla falsa riga della situazione attuale nella periferia parigina. Ancora l’instabilità di vita nei moderni centri abitati, dettata dalla maggiore mobilità lavorativa e sociale del contesto attuale rende impossibile quella stabilità di vita che genererebbe rapporti di buon vicinato e di aggregazione territoriale. Altro fattore può essere riscontrato nel maggiore uso dell’intrattenimento multimediale, dal social a Netflix, che ha generato l’abbandono dei tradizionali luoghi di intrattenimento: quali piazze, bar e associazioni varie che storicamente fungevano da luoghi di aggregazione e costruzione comunitaria. La lista potrebbe continuare ma tali problematiche bastino al lettore per leggere una realtà disfunzionale fatta di isolamento, povertà e rabbia sociale; una realtà che genera condizioni di vita insostenibili per l’uomo naturale e che portano così alle ormai sistematiche problematiche sociali e psicologiche della società attuale, basti pensare al costante aumento nell’uso di droghe, psicofarmaci, dipendenze da gioco d’azzardo, tecnologia e dal sesso nelle sue forme deteriori.

La soluzione a questi gravissimi problemi sociali ci viene ancora dal ruralismo: la valorizzazione ed il contestuale ritorno alla provincia infatti disinnescherebbero la bomba sociale metropolitana: svuotando le città risolverebbero l’emergenza abitativa e contestualmente farebbero calare i prezzi delle unità abitative, così frenerebbero la costruzione di nuove periferie dormitorio e svuoterebbero quelle ormai fatiscenti.
E’ il borgo, la provincia il luogo in cui l’uomo ritrova la sua dimensione naturale, il luogo in cui i legami comunitari sono saldi e la solidarietà è ancora possibile in un contesto omogeneo fatto di saldi vincoli umani tradizionali. E’ ancora il borgo che detta un ritmo a misura d’uomo lontano dall’alienante corsa verso il baratro del mondo moderno.
Per realizzare questo progetto, sembra strano, ci può venire incontro un prodotto della stessa società moderna; il lavoro agile: esso può essere un valido mezzo per generare possibilità lavorative in provincia “delocalizzando” il luogo del lavoro. Questo strumento nelle sue condizioni deteriori cittadine genera storture innegabili, pensiamo alla reclusione in casa possibile tra un pasto ordinato sulle famose app di consegna a domicilio ed una pausa sulle piattaforme streaming e al conseguente abbandono dell’ufficio quale ultimo ambiente comunque comunitario. Eppure tale fenomeno se indirizzato correttamente può rappresentare un utile strumento per strutturare un piano concreto di rivitalizzazione della provincia e dei borghi ormai abbandonati. In tal modo lavorare per una grande azienda sarà perfettamente possibile anche non risiedendo nei grandi centri urbani, riducendo notevolmente il sovraffollamento urbano ed al contempo migliorando lo stile di vita sia di chi torna alla provincia sia di chi continua a risiedere nelle grandi città.

A tal fine si rende necessario un massiccio intervento programmatico del Governo che punti al potenziamento dei collegamenti internet e dei mezzi di trasporto ad alta velocità. D’altra parte si rendono necessari anche finanziamenti e sgravi fiscali sia per le aziende che implementano posizioni lavorative completamente in lavoro agile, sia per l’acquisto e la locazione di unità abitative situate al di fuori dei grandi centri urbani. Tutto questo inoltre, non può che essere supportato da un importante piano di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul valore del mondo rurale e della provincia.
In conclusione la degenerante condizione dello stile di vita urbano impone la scelta di nuovi strumenti per la risoluzione delle evidenti problematiche sovraesposte, in questo contesto anche strumenti problematici e pericolosi se correttamente impostati possono rappresentare utili mezzi per raggiungere gli scopi culturali e sociali che la destra di governo deve imporsi. Cavalcare la tigre della modernità potrebbe, come in altri contesti simili a quello analizzato, rivitalizzare la Tradizione.