Due giorni fa un episodio gravissimo è accaduto nella città di Roma, a Piazza Bologna: il murale dedicato ai giudici Falcone e Borsellino è stato deturpato da ignobili scritte. La matrice del gesto è di natura anarchica, come si può evincere dalla simbologia apparsa. Oltre all’augurio che i colpevoli di tale atto deprecabile possano essere al più presto identificati e puniti, occorre fare un’approfondita riflessione sul tema dell’antimafia e della legalità, soprattutto in relazione al mondo dei giovani. Si può essere sicuri che l’azione qui denunciata possa essere definita come un caso isolato e che non vi siano molte persone che, pur senza arrivare ai fatti, approvino? A giudicare da una serie di fattori da analizzare, purtroppo, pare di no.

In primis bisogna porre l’accento su questioni di tipo culturale. È noto, ad esempio, che una delle maggiori attività da cui le mafie traggono i propri ingenti profitti è lo spaccio della droga; negli ultimi anni, la politica progressista e liberal, che purtroppo ha riscontrato molto successo tra alcuni giovani, si è sistematicamente occupata di trattare la questione degli stupefacenti come un non problema, tacciando di bigottismo chiunque voleva reprimere lo spaccio di qualsiasi sostanza nociva e recuperare alla società le persone che ne divenivano dipendenti. La classica obiezione che potrebbe essere mossa consiste nel fatto che l’intera propaganda era volta alla legalizzazione esclusiva delle cosiddette droghe leggere e che proprio questa aiuterebbe a infierire un duro colpo alle attività illecite della criminalità organizzata. In realtà, i fatti dicono altro: la legalizzazione di hashish e cannabis non intaccherebbe minimamente i profitti di nessuna associazione criminale, e a confermare questo dato è, per esempio, un giudice come Nicola Gratteri, in secondo luogo non sembra che i fautori della libertà di assumere droga leggera abbiano mai pensato di essere inflessibili nei fatti e nel linguaggio contro quelle pesanti, anzi, alcuni più radicali hanno proposto anche la liberalizzazione di quest’ultime.

A prescindere poi dall’efficacia o meno di determinate misure, possibile che i propugnatori di certe teorie non si rendano conto che è un non senso logico il fatto che lo stato per combattere la criminalità debba scendere al suo livello e muoversi sul suo stesso terreno? Possibile che non si rendano conto che proprio il mondo giovanile, molto sensibile alla comunicazione e ai messaggi propinati, sia quello maggiormente influenzabile? E proprio partendo da messaggi e comunicazione, si arriva ad un altro tema, ovvero quello dell’idealizzazione del piccolo criminale e di tutto quello che ne consegue. Negli ultimi anni l’ideologia liberal, legata a doppio filo alla piaga del consumismo moderno, attraverso i propri esponenti, con la produzione di serie TV e di pellicole varie, ha rappresentato l’universo della criminalità e il fenomeno delle baby gang quasi in modo romantico, contribuendo a invertire i ruoli e portando magari molti giovani o vittime di disagio derivante dal luogo in cui vivono o dell’apatia e del senso di vuoto a ricercare il piacere e l’adrenalina nelle cose più deleterie. Che certa cultura di sinistra sia la responsabile, al di là di ogni ragionevole dubbio, lo ha confermato recentemente il segretario del Partito Democratico, seguito in ciò da molti altri esponenti, quando ha esaltato le devianze, che invece la Destra Italiana si è proposta di combattere tramite l’incremento delle strutture sportive dedicate ai giovani e la diffusione della cultura della vita sana. Tra le devianze, senza ombra di dubbio, ricorrono proprio i comportamenti che avvicinano culturalmente molti ragazzi alla mafia.

A completare il quadro vi è poi un buonismo di fondo che ricorrendo alla funzione rieducativa della pena negli anni si è occupato maggiormente dei diritti dei condannato e dei detenuti, più che delle forze dell’ordine e delle vittime dei reati. Parole come ordine e legge, sacrosante in uno stato che funziona bene, sono state tacciate delle peggiori etichette; poliziotti e carabinieri che sono ricorsi alla difesa personale, sono stati oggetto di indagini e gogna mediatica. Noti esponenti della politica si sono maggiormente preoccupati di assicurarsi delle condizioni di vita nelle carceri dei criminali peggiori, senza mai esprimere vicinanza e solidarietà ai familiari degli uomini in divisa uccisi nell’esercizio delle proprie funzioni

Concludiamo con un augurio: speriamo che la molto probabile vittoria del centrodestra alle prossime elezioni politiche ristabilisca i cardini della vita sana e civile, in modo tale che i giovani vadano oltre principi deleteri come l’individualismo, la cultura dello sballo e della morte, e che lo stato torni ad essere inflessibile nei confronti della criminalità, perché ben sia chiaro dove c’è il bene e dove c’è il male, senza alcun tipo di ambiguità.