“Potrei anche morire da un momento all’altro, ma morirò sereno pensando che resteranno giovani come voi a difendere le idee in cui credono: ecco, in quel caso non sarò morto invano” (Paolo Borsellino, Siracusa 1990 – Festa Nazionale del Fronte della Gioventù)

Il 19 luglio del 1992 la Mafia uccideva il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta nella strage di via d’Amelio. Quell’evento scosse profondamente la nostra nazione, mettendone a rischio la tenuta. Tutto va contestualizzato in anni terribili, in cui la Mafia aveva dichiarato guerra allo Stato, al solo fine di distruggerlo.

In quella situazione, come in tutte le situazioni umane, ci furono uomini coraggiosi e dallo spessore morale elevato, che, pur sapendo il rischio al quale andavano incontro, non si fecero scalfire dalla paura, come Paolo Borsellino che non avrebbe mai potuto rinunciare a un’idea pura e nobile di Sicilia, regione meravigliosa e straordinaria, libera dal cancro di Cosa Nostra che infettava l’Italia tutta. Ci furono, però, anche uomini che per viltà si girarono dall’altra parte, che con l’eloquio combattevano la Mafia e che non ebbero il coraggio profondo di entrare in azione, a difesa della legalità, dell’etica e della giustizia; sono, in molti casi, gli stessi uomini che scesero a patti ignobili con la criminalità organizzata e che abbandonarono Paolo Borsellino, salvo poi andare, ipocritamente, al suo funerale a piangere sulla sua bara.

Paolo Borsellino è stato ucciso due volte; la Mafia si è materialmente occupata dell’omicidio ma la politica e alcuni suoi colleghi lo uccisero con l’indifferenza e l’arrivismo.

Alcuni riterranno poco opportuno nel giorno in cui si ricorda la strage di via d’Amelio trattare certe tematiche; meglio concentrarsi su altro! In fondo, chi, nella politica, non sceglierebbe tra Paolo Borsellino e la Mafia, il primo, disprezzando energicamente la seconda? Se questa è la filosofia di base, richiamare alla memoria fatti scomodi è un imperativo morale. Le parole sono belle ma non accompagnate dai fatti sono il nulla. Paolo Borsellino voleva una gioventù caparbia e impavida, pronta a denunciare il marcio che albergava in certi sistemi di potere che, direttamente o indirettamente, favorivano il crimine organizzato, per tale ragione se ci limitassimo a semplici e usuali frasi commemorative senza narrare l’intera vicenda, lui mai potrebbe essere fiero di noi. E, infatti, c’è molto altro da dire e ricordare, per esempio i suoi ideali politici.

Egli, ai tempi dell’università, fu esponente di spicco del FUAN, rimanendo per tutta la vita in contatto con esponenti del Movimento Sociale Italiano, come l’on. Giuseppe Tricoli, suo grande amico, e rimanendo in contatto con il mondo giovanile, alle cui feste partecipava con entusiasmo, in una delle quali proferì quelle famose parole sopra citate che ci riempiono il cuore di orgoglio e di passione politica, rendendoci altresì perfettamente consapevoli dell’enorme responsabilità che portiamo sulle nostre spalle nel dover trasmettere il testimone alle generazioni future.

I detrattori di sinistra , con espedienti alquanto squallidi, pur di personalizzare anche la memoria di Paolo Borsellino, come sono soliti fare, per praticare quell’antimafia di facciata e poco coerente, in molteplici casi minimizzano la sua esperienza nel FUAN; dicono che fu militante per pochi anni e che non fece mai dichiarazioni esplicite a riguardo. A parte il fatto che si tratta di ovvie menzogne, visti gli esempi fin qui citati, a nessuno di questi guru è mai venuto in mente perché egli, quando era magistrato, non si schierò in modo palese? Erano proprio le Sue idee che permettevano che ciò non avvenisse.

A Destra si è sempre messa la Patria davanti a tutto e, in nome di essa, dei valori e della Tradizione, ogni individuo è chiamato a svolgere la propria funzione per la comunità organicamente intesa; per tale ragione essere animati da valori di Destra ed essere magistrati impedisce categoricamente di occuparsi di politica in senso stretto, non essendo quella la funzione che si è chiamati a svolgere. Per molti di quelli che allora professavano idee comuniste e, oggi, idee ibride, nate da certo postcomunismo e dal globalismo esasperato, questo è impossibile da capire. Loro, da sempre, piegano l’interesse nazionale ai propri fini, non curanti delle terribili conseguenze che può causare la loro condotta.

Non è, quindi, casuale l’occupazione sistematica di tutti i gangli principali della società, come la Giustizia, in netta maggioranza onesta ma, sicuramente, anche occupata da un’esigua minoranza di magistrati che vedono nel proprio lavoro un modo per attuare la propria ideologia di sinistra e i propri interessi personali. Sono gli stessi che, oggi, commemorano Borsellino ma che trent’anni fa lo avrebbero abbandonato e criticato politicamente senza ritegno.

Paolo Borsellino è un eroe nazionale e come tale apparterrà sempre all’intera nazione, quindi, anche a chi non condivideva le sue idee politiche. Ma chi con lui sarebbe entrato in contrasto dal punto di vista ideologico deve avere il coraggio di ricordare quali erano le sue idee e che proprio in virtù di queste lui divenne esempio per tutti. Se non avesse avuto il senso profondo della Patria e della Comunità, non sarebbe andato fino in fondo, nonostante la perfetta consapevolezza che quello che era accaduto al suo collega e amico Giovanni Falcone sarebbe potuto capitare di lì a poco anche lui.

Quando la Sinistra sbandiera pubblicamente il nome di Paolo Borsellino si ricordi come votarono nel 1992 tutti i partiti la sua candidatura a Presidente della Repubblica voluta dal Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale. Quando Pif realizza i suoi film , in cui pateticamente nasconde gli esponenti della Destra, tutti presenti al funerale di Borsellino, e dichiara sul Fatto Quotidiano che i soldati che aderirono alla Repubblica Sociale Italiana sono sovrapponibili ai mafiosi, si ricordi della partecipazione di Paolo Borsellino alle feste del Fronte della Gioventù. Quando Barbacetto, che scrive su un giornale che crede di essere il depositario della memoria di Paolo Borsellino, scrive che il “fascio Ramelli “, non merita memoria, oltre a doversi vergognare, ammesso che sappia cos’è la vergogna, deve pensare che chi ragionava come lui negli anni ’50 e ’60, avrebbe avuto la medesima opinione su Borsellino, se non fosse stato ucciso dalla Mafia, ma dagli avversari politici di sinistra, come toccò a tanti ragazzi di Destra cui furono rubati la vita e i sogni.

Paolo Borsellino sarà sempre per noi di Azione Universitaria una guida morale e politica. Per noi la lotta al crimine organizzato è una priorità che si concretizza nei gesti quotidiani, anche e soprattutto in quelli che possono sembrare i più semplici e scontati. Per tale ragione continueremo a trattare determinati argomenti e mai ci faremo intimidire da coloro che vorrebbero zittirici e che descrivono il mondo della Destra con calunnie e falsità.

C’è chi combatte la Mafia a chiacchiere, avendo una condotta di vita individualistica e incivile, spianando la strada alla criminalità organizzata, anche senza commettere atti illegali, e chi, come noi, patrioti e identitari, trasforma valori eterni, immutabili e imperituri in capacità di agire, coerentemente e senza alcun tipo di remora.