I carabinieri del Ros, coordinati dalla Procura di Roma, hanno intrapreso un’indagine che ha portato alla perquisizione di tante persone, tra cui giornalisti, professori e opinionisti, accusate di vilipendio all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica e di istigazione a delinquere.

Da quel che risulta, gli indizi che hanno dato modo alla procura di intraprendere questa iniziativa sono gli insulti che si trovano su alcuni profili social ma non sono coinvolte soltanto le persone responsabili di espressioni ingiuriose ai danni di Sergio Mattarella. Tra gli inquisiti, infatti, spicca una figura nota del mondo accademico e dell’editoria, il prof Marco Gervasoni. Questi non è sotto indagine per aver commesso un fatto ascrivibile alla categoria dei reati; la sua colpa sarebbe quella di essere in contatto con mondi politici e culturali della Destra sovranista; al che sorge spontaneo un interrogativo. Da quando lo Stato ha il potere di stabilire quali persone dobbiamo frequentare? Le associazioni politiche e culturali che probabilmente( neanche questo è certo) frequenta Gervasoni non agiscono al di fuori del perimetro della legge, quindi, non è comprensibile la ragione per la quale lui sia stato oggetto di perquisizione.

In base a quanto possiamo apprendere dalle agenzie che hanno comunicato la notizia, gli insulti e le minacce ai danni del capo dello stato sarebbero stati perpetrati in modo organizzato, con il placet di una non meglio specificata rete sovranista occulta. È una tesi che non regge molto e che non giustifica, fra l’altro, le misure adottate nei confronti delle persone che con queste associazioni semplicemente sono in contatto; se un comune cittadino per motivi di lavoro frequenta qualcuno che successivamente vien messo sotto indagine, per qualche strano fenomeno ricade anche su di lui il medesimo trattamento? In ogni caso, come scritto sopra, la tesi non regge, visto lo strumento con il quale gli insulti si sono diffusi; quotidianamente, sui social, si leggono cattiverie e aberrazioni di ogni genere, ai danni di chiunque, dal momento che la gente li vede come una cassa di sfogo per tirare fuori il peggio di sé; ognuno che abbia un minimo di senno ritiene difficile trovare un collegamento diretto e una volontà predeterminata in certe azioni. A che pro avrebbero offeso Mattarella programmaticamente? Quale credibilità avrebbe un magistrato che nell’indagine riferita a un’ipotesi di reato commessa da un individuo, indagasse anche le persone che lo frequentano per altre ragioni?

Alcuni possono aver scritto frasi che costituiscono un reato e, a quel punto, è essenziale procedere con gli strumenti che la legge fornisce. È francamente anomalo, però, il fatto che si cerchino dei collegamenti forzati con altri. Salvo che non vi sia il ragionevole dubbio che determinati gruppi abbiano ideato una congiura ai danni della prima carica dello stato, l’indagine è assolutamente inutile, nonché iniqua e ambigua.
Iniqua perché colpisce un mondo in contrasto con la vulgata del mainstream e, in generale, del pensiero della sinistra. Non molto tempo fa, l’ANPI e molti dei benpensanti della Sinistra nostrana invocarono le dimissioni proprio del prof Gervasoni dall’università in cui insegna. La sua colpa, in quel caso, era condividere l’opinione della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Ambigua perché cerca di raggiungere con metodi giudiziari e con la persecuzione delle opinioni l’obiettivo di reprimere il dissenso; in questi anni, abbiamo assistito più volte alla censura di libri, alla chiusura arbitraria di alcune pagine su Facebook, a insulti ai danni di esponenti di Destra e ad altre amenità del genere. Non vorremmo scoprire che la recente vicenda si inserisce in questo filone e non vorremmo che fosse utilizzata per mettere fuori gioco persone invise al Sistema, come Gervasoni, da sempre osteggiato e combattuto perché troppo influente, visto il ruolo che occupa nel mondo della Cultura che una certa parte deviata della Sinistra desidera continuare a controllare, senza che vi siano interferenze.

Altro elemento che può aiutarci a far luce su questa vicenda è il doppiopesismo ad hoc utilizzato; ad esso siamo abituati, tuttavia, qui, è ancor più evidente: quando era Presidente del Consiglio Berlusconi, sui social si leggevano calunnie e minacce di morte ai suoi danni. In quella situazione non soltanto nessuno parlò di regia occulta che coordinava determinate azioni ma neanche si aprì un procedimento. Il Presidente del Consiglio è una carica dello Stato; non ha la stessa importanza della prima carica ma rappresenta le istituzioni, quindi, anche egli può essere oggetto di vilipendio. Stesso discorso può valere per Matteo Salvini, quando era Ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio durante il governo Conte I. Le offese ai suoi danni erano molteplici e di una cattiveria inaudita ma nessuno parlò di attacco alle Istituzioni organizzato da gruppi di estrema sinistra, parte politica alla quale appartenevano tutti i responsabili di certi gesti.

Sia chiaro che non stiamo in alcun modo giustificando gli attacchi violenti che Mattarella ha subito. Le istituzioni si rispettano, nulla quaestio. Noi facciamo militanza politica e non ci arrendiamo a chi vorrebbe silenziarci ma siamo profondamente convinti dell’importanza della civiltà nel dibattito. Chi dovesse aver commesso un reato ne deve rispondere alla legge. Non accettiamo che sia violato, però, il principio della responsabilità personale e che siano creati appositamente accostamenti impropri, al solo fine di opprimere chi non accetta di essere egemonizzato dalla vulgata di certi potenti della politica progressista e globalista che noi, con gli strumenti della legalità e della democrazia, continueremo a combattere, a maggior ragione se vuole imporsi con armi impari. Il sovranismo per noi è un nobile ideale e in una nazione civile non deve diventare materia delle procure.