Le decisioni del Governo per arginare la pandemia hanno portato tutte le conseguenze che già potevamo immaginare nel marzo del 2020 e, in questo contesto, non si parla solo della didattica a distanza come strumento alternativo alla didattica pura e tradizionale (e inevitabilmente alienante); e nemmeno solo del distacco dalla quotidianità e dalla vita vissuta in tutti i suoi molteplici e meravigliosi aspetti più puri. Nello specifico, infatti, chi ha potuto assistere alla morte della propria esistenza in senso completo è stata una categoria specifica, ovvero i lavoratori.

Seppur ormai siano diventati un fardello dei fantomatici Decreti del Presidente del Consiglio, parlare della situazione di disagio che colpisce questa categoria a causa di decreti scriteriati e omicidi è doveroso, soprattutto in questo periodo, essendo da poco tempo passato il primo maggio che, dal 1890, in Italia è la Festa dei Lavoratori. Ma guardando i dati sulla disoccupazione nell’ultimo anno viene da chiedersi se, in Italia, questa festa sia la festa dei lavoratori o la festa degli ex-lavoratori. E di conseguenza le parole di alcune fazioni politiche istituzionali risultano prettamente ipocrite, oltre ad essere pronunciate solo per un’appropriazione culturale che, nell’immaginario di qualche sognatore di vecchia data, dovrebbero per forza essere associate alla componente “rossa” del parlamento (come se, tra l’altro, la Destra sprezzasse i lavoratori e la loro sacra figura).

Secondo l’ISTAT, infatti, il tasso di disoccupazione in Italia nel febbraio del 2021, sarebbe del 10,2%, con una perdita di posti di lavoro nell’ultimo anno che ammonta a ben 945 mila. Una cifra esorbitante, soprattutto se consideriamo che, se si dovesse perseguire ancora questa linea folle, liberticida e omicida, questi valori non possono certo che andare progressivamente a peggiorare. Eppure, “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto”, come cita l’art.4 della Costituzione. Ma ad oggi, possiamo dire sia effettivamente così? Da questa situazione emerge una presenza delle istituzioni o, più che altro, un abbandono? E pensare che sarebbe “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” (art.3 Cost.)

Ecco che, dunque, la celebrazione della Festa dei Lavoratori effettuata questo 1 maggio 2021, appare solamente come una presenza occasionale e di facciata da parte di alcune componenti istituzionali che, ad oggi, tutto hanno fatto tranne che garantire la partecipazione di tutti i lavoratori alla vita economica e sociale del paese o, peggio ancora, tutto hanno fatto tranne che promuovere le condizioni che potessero rendere effettivo questo diritto al lavoro.

Chi restituirà alle persone e ai lavoratori la propria vita e le proprie attività? Probabilmente nessuno; ma affinché si possano tornare ad affermare i principi della giustizia e della verità, non ci si arrenda di fronte agli oscuri pessimismi che la situazione impone e, anzi, si tenga ben a mente che lottare per chi c’è ancora e per chi ci sarà in futuro è la lotta più grande a cui oggi il destino ci chiama, e per onorare il nostro popolo e la nostra nazione bisogna essere sempre pronti a combattere contro i soprusi e le aberrazioni dei tempi funesti che imperversano impellenti.